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L’embolia polmonare è una patologia grave, fortemente correlata all’avanzare dell’età e rappresenta, nel mondo, la terza causa di mortalità. Si manifesta, in genere, con il blocco improvviso di un’arteria polmonare, causato dalla presenza di un embolo, un coagulo di sangue in circolo nel flusso sanguigno. Nel nostro Paese, l’incidenza della patologia è di circa 55 casi ogni 100.000 abitanti per quanto concerne le donne, mentre si attesta su 40 casi ogni 100.000 abitanti per gli uomini, con un tasso di mortalità media intorno al 13, 3%.

Il coagulo, che impedisce il flusso sanguigno nelle arterie polmonari, si forma nel sistema venoso profondo. Da questa posizione originaria si può distaccare, diventando un embolo che, sfruttando il flusso sanguigno venoso, può raggiungere i polmoni, creando un’ostruzione. Per questo, si parla più propriamente di tromboembolismo venoso, rappresentato dalla combinazione di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare.

Numerosi i fattori di rischio associati all’embolia polmonare: fra questi i traumi e gli interventi chirurgici, mentre l’incidenza dei tumori – fattori che notoriamente predispongono alla tromboembolia venosa – varia a seconda della tipologia dei tumori stessi. Ulteriori aspetti che possono incidere sull’insorgenza della malattia sono le patologie cardiovascolari, il fumo, l’obesità, l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, l’utilizzo di una terapia contraccettiva.

Il tema dell’embolia polmonare è di drammatica attualità in questo periodo: molti pazienti, positivi al virus, presentano, infatti, gravi compromissioni polmonari, generate dalle infiammazioni che producono trombi sanguigni, con conseguenze spesso letali.

Le prime terapie per contrastare il tromboembolismo venoso sono, di norma, farmacologiche, con l’impiego di farmaci anticoagulanti che, tuttavia, se utilizzati a livello sistemico possono comportare un aumentato rischio di emorragie.

Pertanto, soprattutto in presenza di pazienti ad alto rischio di mortalità, è stata adottata in misura crescente, presso vari Centri ospedalieri italiani, una nuova soluzione terapeutica, che consistenell’infusione di farmaci trombolitici direttamente nel punto in cui si è formato l’embolo,attraverso un apposito catetere.

La soluzione terapeutica EKOS di Boston Scientific consente di effettuare un trattamento di trombolisi, ovvero l’infusione del farmaco trombolitico direttamente sul coagulo di sangue, immissione che viene potenziata grazie all’uso concomitante di ultrasuoni che accelerano e rendono ancora più efficace l’azione del trombolitico stesso.

Il sistema, ad alta innovazione tecnologica, è costituito da una consolle a cui vengono collegati una serie di cateteri di misure diverse, in grado sia di effettuare l’infusione di farmaco trombolitico, sia di emettere un’onda acustica, opportunamente programmata in ampiezza e frequenza.

Nella parte distale, il catetere è dotato di fori per l’emissione del farmaco trombolitico, mentre all’interno del catetere è presente un’“anima” che emette onde ultrasoniche, comandate dalla consolle.

Attraverso l’accesso della vena femorale, il medico procede prima di tutto all’inserimento di una guida, sulla quale viene fatto scorrere il catetere che arriva fino al trombo individuato. Una volta raggiunto il punto da trattare, all’interno del catetere viene inserita l’anima, destinata all’emissione dell’onda acustica: entrambi i dispositivi vengono, quindi, collegati alla consolle di comando, che attiva sia il catetere destinato all’infusione del farmaco trombolitico sia l’anima, che emette le onde ultrasuoni ad elevata frequenza e bassa energia.

L’utilizzo delle onde acustiche ha lo scopo di aumentare la capacità di penetrazione del farmaco e di potenziare l’efficacia del trattamento, con una migliore e più rapida dissoluzione del trombo e, soprattutto, con l’impiego di una minore quantità di farmaco, rispetto alle normali procedure di trombolisi sistemica.

Tecnicamente, la procedura endovascolare viene effettuata prevalentemente dal cardiologo interventista, talora anche dal radiologo interventista, e ha una durata in sala di circa 20-30 minuti per posizionare il catetere in corrispondenza dell’embolo e attivarne il funzionamento, quindi il paziente viene portato in reparto dove il trattamento continua fino ad un massimo di 12 ore: complessivamente si richiede un breve ricovero ospedaliero.

Va segnalato che presso alcuni Centri Ospedalieri italiani la tecnologia terapeutica EKOS è stata utilizzata di recente anche per pazienti Covid-19 con sintomi di grave embolia polmonare, registrando esiti positivi e molto incoraggianti anche in situazioni cliniche di particolare gravità ed emergenza.

L’efficacia del nuovo sistema terapeutico EKOS per il trattamento della embolia polmonare è suffragata e validata da molteplici studi internazionali, tra cui i trial ULTIMA, SEATTLE II e OPTALYSE PE, che hanno rilevato sia i miglioramenti delle condizioni cliniche del paziente, sia la sicurezza e bassa invasività della procedura.