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Sono oltre 950 i cittadini intervistati che hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame con il Servizio Sanitario Nazionale nel corso dell’ultimo anno. Questo quanto emerge dall’indagine condotta da Altroconsumo su oltre 1.100 cittadini aderenti ad ACmakers, la community che collabora alle ricerche dell’Organizzazione, e focalizzata sulla problematica delle liste d’attesa, confermando un quadro sconfortante e fortemente critico, che non sembra registrare segnali di miglioramento. Le conseguenze negative non sono solo per il portafogli degli italiani, spesso costretti a rivolgersi al privato e a pagare di tasca propria, ma anche per la loro salute, perché in troppi rinunciano a curarsi o devono affrontare lunghe attese.

Ma quali sono più nello specifico i problemi riscontrati? Innanzitutto, per ben 2/3 degli intervistati, le attese troppo lunghe, spesso oltre le urgenze indicate sulla ricetta, ma per tanti anche le strutture ospedaliere troppo lontane; oppure appuntamenti che non sono proprio disponibili, per via delle agende di prenotazione chiuse. Ma non solo: Cup difficili da contattare, ricette che scadono, controlli che saltano.

Gran parte dei problemi si sono registrati con le visite specialistiche: in particolare, le visite più citate sono quella oculistica e dermatologica. Tra gli esami più segnalati abbiamo ecografie soprattutto dell’addome, della tiroide, della mammella e della spalla, risonanze magnetiche, Tac e gastroscopia. In realtà questo elenco non sorprende: visite oculistiche e dermatologiche, gastroscopie ed ecografie dell’addome sono da sempre le prestazioni che i cittadini pagano di più di tasca propria, prenotando nel privato, come confermano anche gli ultimi dati di Agenas sull’attività intramoenia, cioè l’attività privata degli ospedali pubblici.

Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza degli intervistati; è impossibile per tanti fare visite ed esami nei tempi suggeriti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta. Ma colpisce che circa 1/4 di queste segnalazioni riguardi l’impossibilità di prenotare una visita o un esame per via delle agende chiuse: una pratica che è vietata dalla legge.

Circa ¼ dei cittadini che hanno avuto problemi, per avere l’appuntamento nei tempi prescritti dal medico, avvrebbero dovuto recarsi in una struttura scomoda, talvolta lontana anche 100 km o più da casa, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato diponibile solo dopo molti mesi.

Questo accade perché i cosiddetti “ambiti territoriali di garanzia”, in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti. Seppur lecito, per molti è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure, e questa pratica disattende il rispetto di quel “principio di prossimità e raggiungibilità” che viene citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa.

Anche le difficoltà a contattare il Cup sono denunciate frequentemente, visto che più di 1/5 degli intervistati dice di averle avute, tra attese molto lunghe, numeri sempre occupati e linea che cade dopo aver atteso inutilmente. Ma purtroppo, sulle attese al telefono con il Cup, non sono previste particolari tutele

La situazione non migliora sul fronte ricoveri. Dei 1.100 intervistati, in circa 300 hanno detto di essere stati inseriti in lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Poco più della metà dei cittadini è stata ricoverata nei tempi previsti; circa 100 persone invece non sono state così fortunate e circa 50 sono ancora in attesa di sapere quando verranno chiamate. Fra i motivi dei ritardi riscontrati: la mancanza di medici, di letti, l’assenza dell’agenda dei prossimi mesi. In tutte le testimonianze traspare comunque l’impotenza dell’attesa senza informazioni: è difficile essere ricontattati anche quando promesso, avere prospettive chiare rispetto al ricovero, spesso non si viene più ricontattati e si rimane in sospeso.

A fronte delle difficoltà che si incontrano nella sanità pubblica, metà degli intervistati che ha segnalato problemi ha deciso alla fine di rivolgersi ai privati.

Le strutture private, tuttavia, non possono rappresentare la soluzione al problema delle liste d’attesa: intanto perché implicano una spesa da parte dei cittadini che si dovrebbe poter evitare, poiché la salute è un diritto costituzionale e tutti contribuiscono con le proprie tasse al finanziamento del SSN. Al contrario si tratta invece di un costo che sta diventando sempre più insostenibile per gli italiani, come evidenziato nell’ultimo Termometro Altroconsumo, da cui emerge che il numero di famiglie il cui bilancio è messo a dura prova da uscite che riguardano l’ambito sanitario è aumentato dal 43% nel 2022 al 47% nel 2023. Al momento, invece, l’unica

alternativa concreta per chi non ricorre al privato è attendere mesi e mesi per recarsi in strutture molto scomode oppure rinunciare a curarsi, come denuncia 1/10 circa delle persone interpellate.

Di fronte alla situazione appena descritta, per aiutare i cittadini a far valere i propri diritti Altroconsumo ha creato una sezione dedicata, dove mette a disposizone tutte le informazioni e i moduli necessari per inviare la richiesta di essere contattati al più presto e ottenere un appuntamento nei tempi di legge. Molti consumatori hanno già utilizzato questo strumento, riuscendo ad essere ricontattati in breve tempo e ottenendo l’anticipazione della propria visita.

“La crisi in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale è sotto gli occhi di tutti da tempo poiché è stato, nel corso degli anni, gravemente sottofinanziato da tutte le forze politiche e cause più recenti ne hanno accelerato il collasso, in primis la pandemia di Covid 19. Ciò che resta purtroppo costante è l’inadeguatezza delle risposte che la politica ha messo di volta in volta in campo e, al di là dei dibattiti, spesso di sapore elettorale, su fondi stanziati ad hoc e sull’effettivo aumento o meno degli investimenti in sanità, la realtà si legge nei numeri. Un dato valga per tutti: secondo l’ultimo rapporto Bes dell’Istat, nel 2023 sono circa 4,5 milioni i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di liste di attesa o difficoltà di accesso. Si tratta del 7,6% della popolazione: in aumento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019” dichiara Federico Cavallo, Responsabile Relazioni Esterne Altroconsumo. “E ciò che è ancora più preoccupante è il fatto che il trend di spesa per la sanità – in percentuale sul Pil – è previsto calare nei prossimi anni, un segnale evidente di come la situazione non potrà certo migliorare, ma semmai peggiorare ulteriormente. Noi, come Altroconsumo, continueremo a fare la nostra parte monitorando attentamente la situazione, agendo in sinergia con altre realtà impegnate a promuovere i principi di un Servizio Sanitario pubblico, equo e universalistico, come la Fondazione Gimbe, e mettendo a disposizione dei cittadini informazioni e strumenti utili a far valere i propri diritti, così come previsti dalla Costituzione e dalle leggi italiane”.

“Il grave “stato di salute” del Servizio Sanitario Nazionale impone una profonda riflessione: l’impatto dell’indebolimento della sanità pubblica sulla salute individuale e collettiva deve considerare anche il livello socio-economico della popolazione. L’aumento del numero di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta, se da un lato “argina” la spesa out-of-pocket – quella che si paga di tasca propria – dall’altro aumenterà la rinuncia alle cure, peggiorando la salute e sino a ridurre l’aspettativa di vita proprio di quegli “indigenti” che l’art. 32 indica come persone a cui fornire cure gratuite”. Ha dichiarato Nino Cartabellotta, Presidente Fondazione GIMBE. “Indubbiamente, i tempi di attesa costituiscono una delle principali criticità del SSN con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi, come ad esempio la necessità di ricorrere alle strutture private o la migrazione sanitaria, sino alla rinuncia alle cure. Si tratta di un problema che da sempre affligge il nostro SSN, ma che negli ultimi anni si è aggravato per l’enorme quantità di prestazioni non erogate durante la pandemia COVID-19. Tuttavia, le misure per l’abbattimento delle liste di attesa previste nell’ultima Manovra sono state guidate da una logica “prestazionistica”, senza alcun provvedimento mirato a monitorare e ridurre l’inappropriatezza delle prestazioni. Inoltre, il potenziamento dell’offerta è stato “scaricato” di fatto sul tempo, sempre più esiguo, dei professionisti sanitari. Infine, l’aggiornamento del nuovo Piano Nazionale Governo Liste di Attesa, scaduto nel 2021, è ancora in progress”.