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Roche ha annunciato la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale relativa all’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco di atezolizumab in combinazione con bevacizumab nei pazienti adulti affetti da carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile non sottoposti a precedente terapia sistemica. AIFA approva, inoltre, l’estensione dell’indicazione di atezolizumab in monoterapia per i pazienti per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1.

I dati relativi allo studio IMbrave150 hanno evidenziato che atezolizumab fornisce la più lunga sopravvivenza globale osservata in uno studio di Fase III in prima linea nel carcinoma epatocellulare non resecabile. L’analisi primaria dello studio IMbrave 150 ha mostrato infatti che dopo un periodo di follow-up di 8,6 mesi, atezolizumab in combinazione con bevacizumab ha ridotto il rischio di morte del 42%. Dopo un follow-up mediano di 15,6 mesi, lo studio ha inoltre sottolineato come atezolizumab in combinazione con bevacizumab abbia ridotto il rischio di morte del 34%, con una OS mediana di 19,2 mesi, rispetto a 13,4 mesi per il sorafenib.

L’approvazione odierna fa seguito al parere positivo espresso dal Comitato per i medicinali per uso umano dell’Agenzia europea per i medicinali nel settembre 2020 e della Commissione UE nel novembre dello stesso anno. Nel maggio 2020, anche la Food and Drug Administration statunitense aveva approvato atezolizumab in combinazione con bevacizumab per il trattamento di pazienti con carcinoma epatocellulare non resecabile o metastatico non sottoposti a precedente terapia sistemica. Atezolizumab in combinazione con bevacizumab è stato, inoltre, incluso come raccomandazione di classe I, A dalla European Society for Medical Oncology per il trattamento dei carcinomi epatocelluliari non resecabili, così come da molte linee guida per la pratica clinica a livello globale.

“L’approvazione della combinazione atezolizumab-bevacizumab rappresenta una pietra miliare nell’ambito dell’epato-oncologia. Dopo più di 10 anni di immobilità è finalmente disponibile un trattamento di prima linea capace di prolungare la sopravvivenza dei pazienti affetti da epatocarcinoma non resecabile, pazienti delicati che non sono solo affetti da una malattia tumorale ma anche da una disfunzione del fegato – ha dichiarato il Prof. Antonio Gasbarrini, Ordinario di Medicina Interna presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma e Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS -. La sopravvivenza media dei pazienti trattati con la combinazione è stata di 19.2 mesi, che rappresenta la sopravvivenza più lunga mai riportata da uno studio di fase III per il trattamento sistemico dell’epatocarcinoma non resecabile. Ciò rappresenta una grande passo avanti nella gestione del paziente affetto da epatocarcinoma, che non solo amplia l’orizzonte terapeutico ma ci guida verso una sempre maggiore personalizzazione della terapia, a vantaggio del paziente.”

Un’analisi condotta per la prima volta anche sui benefici rilevati dai pazienti in termini di qualità di vita, conferma risultati molto positivi. Tra gli ambiti indagati, rientrano parametri quali l’impatto sul lavoro, sul tempo libero, sulla capacità di percorrere distanze a piedi e sui sintomi. Dallo studio emerge che i pazienti trattati con la combinazione atezolizumab e bevacizumab riportano un deterioramento della qualità della vita e delle funzionalità fisiche significativamente più lento rispetto al braccio di controllo.

“Il trattamento dell’epatocarcinoma è da anni una grande sfida e, per la prima volta in uno studio clinico randomizzato di fase 3, la combinazione tra atezolizumab e bevacizumab si è dimostrata estremamente significativa dal punto di vista statistico, rilevanza clinica, superiore alle terapie precedenti in termini di attività e di efficacia, che può essere somministrata per tutta la durata necessaria al controllo della malattia – ha detto il Professor Fortunato Ciardiello, Ordinario di Oncologia Medica e Prorettore, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli – Questi sono i dati migliori finora ottenuti nella storia della terapia dell’epatocarcinoma e sono confortanti sotto il profilo di maneggevolezza e tollerabilità con ottimi risultati anche sulla qualità di vita dei pazienti. L’interazione tra l’immunoterapia e la terapia anti angiogenetica rappresenta il nuovo standard terapeutico per il paziente con epatocarcinoma non più trattabile con trattamenti locoregionali, ma che necessita di terapia sistemica”.

Il carcinoma epatocellulare rappresenta una tra le più aggressive forme di cancro con limitate opzioni di trattamento, ed è una delle principali cause di morti oncologiche in tutto il mondo: “Data la particolare complessità della patologia, spesso diagnosticata tardivamente, e che presenta spesso comorbidità, è importante che i pazienti con epatocarcinoma vengano seguiti da una squadra multidisciplinare composta da specialisti con diverse competenze – ha dichiarato Ivan Gardini, Presidente dell’Associazione EpaC Onlus – Mettere infatti a sistema una presa in carico nella quale intervengono parallelamente gastroenterologi, oncologi, chirurghi e radiologi diagnostici ed interventistici può rappresentare la strategia funzionale per guidare i pazienti verso strutture con i migliori percorsi diagnostici e terapeutici”.  

Roche è impegnata a combattere i disordini del fegato in tutto il percorso della malattia, dalle prime fasi fino alla malattia avanzata, con l’obiettivo finale di fermare un giorno le patologie croniche del fegato. Un impegno che vede coinvolta non solo Roche Pharma sin dagli anni 90 con farmaci per le epatiti e oggi lo sviluppo di nuovi farmaci come atezolizumab, ma anche Roche Diagnostics con test immunometrici volti a migliorare la diagnosi precoce di epatocarcinoma e Roche Diabetes Care che da anni promuove, attraverso i propri portali rivolti ai pazienti diabetici, informazioni su corretti stili di vita e alimentazione, al fine di prevenire lo sviluppo di patologie epatiche quali cirrosi e fibrosi, che ledono la funzionalità d’organo e possono provocare gravi conseguenze, fino allo sviluppo di carcinomi epatici.

Inoltre, AIFA ha approvato oggi anche l’estensione dell’uso di atezolizumab in monoterapia per il trattamento di prima linea nel carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio metastatico con elevata espressione di PD-L1. Lo studio registrativo IMpower110 ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale, con una diminuzione del 31% del rischio di morte e oltre il 60% dei pazienti vivi a 1 anno. Grazie a questa ulteriore estensione di indicazione, atezolizumab rappresenta oggi la prima e unica immunoterapia ad agente singolo contro il tumore al polmone, disponibile in tre dosaggi, che consentono la somministrazione ogni due, tre o quattro settimane, mettendo così a disposizione di medici e pazienti una maggiore flessibilità nella gestione del trattamento. L’utilizzo di atezolizumab in questo setting terapeutico è un’alternativa efficace e cost-saving rispetto all’attuale standard di cura, secondo la prospettiva del Sistema Sanitario Nazionale. Un risparmio che più tradursi in risorse potenzialmente da reinvestire nelle diverse fasi del percorso diagnostico-terapeutico del paziente.

Roche ha un ampio programma di sviluppo per atezolizumab, che comprende molteplici studi di Fase III che valutano atezolizumab sia in monoterapia che in combinazione con altri farmaci. Ci sono sperimentazioni in corso e pianificate, in diversi tipi di tumori polmonari, genitourinari, della pelle, della mammella, gastrointestinali, ginecologici, della testa-collo.