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Una scoperta rivela come la cellula “ristrutturi” la proteina Mitofusina 2 per consentirle di collegare gli organelli cellulari.

Gli organelli, strutture essenziali che nelle nostre cellule assolvono ciascuno a specifiche funzioni, sono connessi da connessioni dirette che garantisconoun’efficiente comunicazione. I mitocondri e il reticolo endoplasmatico sono intimamente connessi.

Il gruppo guidato da Luca Scorrano (nella foto), Professore ordinario di Biochimica presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, Principal Investigator ed ex Direttore Scientifico del VIMM, aveva scoperto nel 2008 che la proteina mitocondriale Mitofusina 2, mutata nella neuropatia periferica Charcot-Marie-Tooth IIA e ridotta nei disturbi metabolici come il diabete e il fegato grasso, svolge un ruolo fondamentale nel facilitare queste interazioni. Tuttavia, la sua proteina partner sul reticolo endoplasmatico rimaneva sconosciuta.

Ora, in collaborazione con ricercatori dell’IRB di Barcellona il suo gruppoha scoperto che nelle cellule la Mitofusina 2 ha delle “sorelle”, note in biologia come “varianti”,che i ricercatori hanno battezzato ERMIT2 e ERMIN2. I nostri geni sono organizzati in “esoni”, segmenti che la cellula può riarrangiare per produrre diverse varianti di una proteina a partire dallo stesso gene. Possiamo immaginarci che la Mitofusina 2 sia la sorella maggiore, mentre ERMIT2 e ERMIN2 le minori. Così come sorelle, queste varianti possono svolgere diversi lavori ed abitare in luoghi diversi. ERMIN2 e ERMIT2, a differenza della sorella maggiore Mitofusina 2, infatti non si si trovanosui mitocondri, ma sul reticolo endoplasmatico.

“La nostra approfondita indagine ha identificato la presenza di ERMIN2 e ERMIT2 in svariatiorganiumani, tra cui tessuto adiposo, muscolo e fegato. Questi risultati sottolineano che ERMIN2 ed ERMIT2 siano essenziali per mantenere un’ottimale funzionecellulare in diversi organi”, spiega Antonio Zorzano, direttore del laboratorio di Malattie Metaboliche Complesse e Mitocondri dell’IRB di Barcellona, che ha co-diretto lo studio insieme a Luca Scorrano, che aggiunge: “La nostra ricerca ha scoperto che ERMIN2 regola la forma del reticolo endoplasmatico, mentre ERMIT2 insieme aMitofusina 2 forma un ponte tra mitocondri ereticolo endoplasmatico. Questo ponte facilita lo scambio di segnali e grassitra la fabbrica e la centrale energetica delle cellule”

I geni contengono le istruzioni per produrre specifiche proteine all’interno delle cellule. Tuttavia, alcuni geni vanno incontro adun processo chiamato “splicing alternativo”, in cui le cellule combinano selettivamente frammenti genici chiamati esoni per generare varianti delle proteine. Questo meccanismo aumenta la complessità e l’adattabilità delle nostre cellule, svolgendo un ruolo cruciale nel funzionamento degli organismi viventi.

Nel caso di Mitofusina 2, una proteina mitocondriale, il team di ricerca ha scoperto due varianti precedentemente sconosciute chiamate ERMIT2 e ERMIN2, che risiedono nel reticolo endoplasmatico. ERMIT2, interagendo con Mitofusina 2, stabilisce la connessione tra mitocondri e reticolo endoplasmatico, mentre ERMIN2 regola la struttura del reticolo endoplasmatico.

“Il nostro studio riportadei risultatiparticolarmente inaspettati: questo è uno dei pochicasi in cui sono state osservate varianti di proteine mitocondriali che non abitano insieme alla ‘sorella maggiore’”, osserva la prima autrice dello studio, la Dr.ssa Deborah Naon, che ha dedicato sette anni a questo progetto presso il VIMM e l’Università di Padova ed è ora una ricercatrice presso l’IRB di Barcellona.

Questi pontitra reticolo endoplasmatico e mitocondri, compostida Mitofusina 2 e dalla sua variante ERMIT2, sono vitali per il metabolismo dei grassi, per la regolazione complessiva del metabolismo e per il funzionamento di entrambe le strutture delle cellule.

Quando questo ponteècompromesso, si verifica una condizione nota come “stress del reticolo endoplasmatico”, che comporta effetti dannosi a livellodi cellule, tessuti e organismo.Il gruppo del Prof. Zorzano aveva infatti scoperto nel 2019 che la compromissione dell’interazione tra questi due organelli contribuisce alla steatoepatite non alcolica, una grave complicanza epatica associata a disturbi metabolici.

In questo lavoro, il team è stato in grado di migliorare la funzione epatica in modelli di steatoepatite non alcolica, semplicemente stimolando la produzione della proteina ponte ERMIT2.

“L’interazione tra mitocondri e reticolo endoplasmatico è alterata anche in sindromi caratterizzate da resistenza insulinica, come il diabete e l’obesità. Pertanto, questa scoperta presenta una potenziale strategia terapeutica meritevole di essere investigata”, spiega Antonio Zorzano, che è anche Professore presso la Facoltà di Biologia dell’Università di Barcellona e membro del consorzio CIBERDEM.

Inoltre, le mutazioni nel gene Mitofusina 2 causano la Charcot-Marie-Tooth IIA, una neuropatia periferica di natura genetica caratterizzata da grave debolezza muscolare alle gambe. Le difficoltà ambulatorie che ne derivano richiedono spesso l’uso di una sedia a rotelle. “La scoperta di ERMIN2 e ERMIT2 apre la possibilità che i difetti del reticolo endoplasmatico e della sua comunicazione con i mitocondri contribuiscano alle manifestazioni cliniche di questa malattia. Se questo fosse il caso, potremmo esplorare nuove strategie terapeutiche mirate per questa malattia attualmente intrattabile”, sottolinea Luca Scorrano.

Le future ricerche del team si concentreranno sulla comprensione di come dalla Mitofusina 2 si generino ERMIN2 e ERMIT2. Saranno inoltre analizzati il delicato equilibrio di questo processo in diverse condizioni fisiologiche e patologiche, tra cui i disturbi metabolici e neurologici.

Lo studio è stato condotto nell’ambito di progetti finanziati dalla Fondazione ‘la Caixa’, dal Ministero spagnolo della Scienza e dell’Innovazione, dall’Istituto di Salute Carlos III, dal Consiglio Europeo per la Ricerca, dall’Associazione Distrofia Muscolare, dal Ministero italiano dell’Università e della Ricerca e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, Missione 4, Componente 2, Investimento 1.2, supportato dall’Unione Europea – NextGenerationEU.

Lo studio ha coinvolto anche collaborazioni con altri laboratori di IRB Barcellona, tra cui quelli guidati dal Dr. Manuel Palacín e dal Dr. Modesto Orozco, che hanno svolto ruoli essenziali nella discussione dei meccanismi di interazione e nell’analisi dei risultati. Inoltre, hanno contribuito allo studio gruppi di ricerca dell’Università Autonoma di Barcellona, dell’Università Rovira i Virgili, dell’Ospedale Joan XXIII e del Parc Sanitari Sant Joan de Déu.