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Il digitale è uno degli strumenti scelti dal Governo per ridisegnare il servizio sanitario del futuro. Dal PNRR arriveranno circa 2,5 miliardi di investimenti, 1,3 miliardi per creare un’infrastruttura dati omogenea sul territorio nazionale e 1 miliardo per attivare i servizi di telemedicina. Una grande opportunità ma con nodi ancora da sciogliere.

È stato questo uno dei temi dibattuti nel corso della 16esima edizione di Salute Direzione Nord, all’interno della rassegna Direzione Nord – A TRUE EVENT, nella cornice del Palazzo delle Stelline di Corso Magenta 61 a Milano.

“La sfida che ha assunto l’Italia è da far tremare i polsi: non esistono altri modelli di tele entità al mondo”, commenta Giovanni Gorgoni, Direttore generale AReSS Puglia, l’Agenzia Regionale per la Salute ed il Sociale. La Puglia è tra le regioni che già si sta muovendo su questo fronte: “L’esperienza più importante – illustra Gorgoni – è quella della COReHealth. La piattaforma, al momento sta reclutando le pazienti con tumore al seno, appoggiandosi alla preesistente rete organizzativa delle breast unit: l’obiettivo è agganciare 23mila donne”. In cantiere c’è però già l’idea di abilitare altre quattro linee: mieloma, scompenso cardiaco, emofilia, artrite reumatoide.

Quella che si prospetta tuttavia, non è soltanto una sfida tecnologica. È soprattutto culturale. Per i cittadini, ma anche per le istituzioni.

“Non vorrei sistema pubblico immaginasse un piattaforma unica destinata a guardare al passato e non al futuro”, avverte Alessandro Venturi, Presidente Fondazione IRCCS San Matteo di Pavia, Membro del Cda di Fondazione The Bridge. “Si corre il rischio di creare una grande infrastruttura soffocando la creatività dei singoli, delle grandi imprese e delle piccole realtà”. Una struttura che potrebbe non intercettare i bisogni di salute emergenti: “Per esempio quelle dei tre 3 milioni di giovani dai 12 ai 22 anni con disturbi del comportamento alimentare”, dice ancora Venturi che tra le insidie segnala l’interpretazione italiana della normativa sulla privacy: “Mentre in Europa il regolamento serve a far circolare in maniera sicura i dati, in Italia serve a fermarli”.

Lo conferma, Nadia Martini, Partner, Head of Data Protection Italy Rödl & Partner. “Il regolamento è nato da una rivoluzione culturale che ci insegna un metodo per chiederci quali sono i dati che stiamo utilizzando e, sulla base delle loro caratteristiche, di identificare il livello di rischio per prendere le più opportune misure”. Qualcosa sembra sta cambiando negli ultimi anni, ma ancora non è abbastanza.

Le aziende intanto si stanno muovendo. Ab medica, che già con Regione Lombardia aveva lavorato al progetto CReG, ha oggi nel carnet Maia Connected Care, una piattaforma, spiega Barbara Meda, Marketing Manager Telemedicina ab medica, “che nasce con l’idea di essere paziente centrica, con un architettura modulare con diversi moduli che vanno dal telemonitoraggio, alla presa in carico, a un ambiente di televisiva, fino alla terapia e alla teleriabilitazione”.

Fondamentale tuttavia sarà anche accompagnare le organizzazioni nella transizione digitale. “È qualcosa che stiamo facendo rivolgendoci soprattutto a erogatori sanità privata e mondo socio assistenziale”, dice Giulia Arpinati, Business Solution Manager di Comarch Healthcare. “Ai nostri clienti cerchiamo di fornire due punti fissi: il primo è come generare valore per il paziente, il secondo è la sostenibilità economica del servizio”.

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