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Le terapie psicologiche efficaci nel trattamento della depressione potrebbero influenzare indirettamente gli esiti correlati al suicidio: è quanto emerso dalla ricerca dal titolo “Assessment of suicidality in trials of psychological interventions for depression: a meta-analysis” appena pubblicata sulla rivista «Lancet Psychiatry» da un team internazionale di ricercatori, tra cui i docenti Ioana Alina Cristea e Claudio Gentili del dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova.
I ricercatori hanno esaminato pensieri e comportamenti suicidari riportati in studi controllati randomizzati dove la psicoterapia era confrontata con una condizione di controllo per individui depressi. L’indagine si è focalizzata sullo stabilire se i partecipanti ad alto rischio suicidario venissero inclusi nello studio e se comportamenti e pensieri suicidari fossero valutati come esito o evento avverso.
A questo scopo, gli autori hanno utilizzato un database meta-analitico pubblico, sviluppato attraverso ricerche sistematiche, e hanno esaminato 469 studi randomizzati.
I risultati suggeriscono che, nonostante il rapporto consolidato tra depressione e possibili comportamenti suicidari, la valutazione del suicidio è raramente riportata negli studi sulle terapie psicologiche per la depressione. Infatti, in più della metà degli studi sulle terapie psicologiche identificate per la depressione, le persone ad alto rischio di suicidio sono state escluse dalla partecipazione.
La valutazione di pensieri e comportamenti suicidari, sia come esiti del trattamento che come eventi avversi è stata riportata solo in 45 dei 469 studi identificati. Gli eventi avversi correlati al suicidio sono stati riportati in 25 dei 45 studi e gli eventi avversi seri in 13.
La meta-analisi degli studi che hanno valutato il suicidio come esito ha mostrato che le terapie psicologiche per la depressione hanno un effetto benefico sull’ideazione suicidaria e sul rischio di suicidio immediatamente dopo l’intervento ma non al follow-up.
«Il nostro studio sottolinea una mancanza di considerazione per i pensieri e i comportamenti suicidari nella ricerca sulla psicoterapia per depressione – afferma Ioana Alina Cristea, corresponding author della ricerca e docente al dipartimento di Psicologia generale dell’Università di Padova –. Le evidenze indicano che i pensieri e i comportamenti suicidari possono emergere nel corso degli studi sulle terapie psicologiche in individui con depressione, anche in individui inizialmente valutati come non a rischio. Ciò
indica chiaramente la necessità di migliorare il monitoraggio e la segnalazione dei pensieri e dei comportamenti suicidari, ad esempio attraverso l’implementazione di protocolli di sicurezza predefiniti e dettagliati, in tutti gli studi sulla psicoterapia. Inoltre, l’effetto Ioana Alina Cristea positivo dell’intervento psicologico sull’ideazione suicidaria rappresenta un potenziale strumento di aiuto da indagare in ampi studi randomizzati».
«Allo stato attuale delle conoscenze, predire un comportamento suicidario è quasi impossibile: la nostra stessa meta-analisi mostra come le idee suicidarie possano emergere in ogni paziente. Pur tuttavia, un intervento psicologico efficace con “ingredienti” specifici per agire sull’ideazione suicidaria sembra poter rappresentare una valida arma di prevenzione. Se il risultato fosse confermato, resta il problema della
diffusione capillare: è molto difficile, infatti, che gli interventi psicologici possano arrivare a tutti coloro che ne hanno bisogno. Per questo si fa sempre più ricorso ad interventi digitali come app o portali web. Purtroppo, in questo caso specifico, la letteratura disponibile sulle cosiddette terapie online suggerisce un effetto significativo per la depressione, ma non per la prevenzione del suicidio» conclude Claudio Gentili,
autore della ricerca e docente al dipartimento di Psicologia generale dell’Ateneo patavino.