Print Friendly, PDF & Email

Telemedicina, sensori, robotica chirurgica e intelligenza artificiale. Sono questi alcuni dei principali ambiti d’innovazione abilitati dalle tecnologie digitali che già oggi stanno contribuendo a trasformare in maniera rilevante il settore Life Science. Altre innovazioni tecnologiche permetteranno nel medio-lungo termine di imprimere un cambiamento significativo a questo ecosistema. Tra queste, le terapie digitali, soluzioni digitali validate clinicamente per integrare o sostituire le terapie tradizionali, rappresentano un ambito d’innovazione sempre più rilevante a livello internazionale, perché capace di migliorare il percorso del paziente e rendere più efficaci i trattamenti.

Nonostante in Italia non sia ancora chiara la loro configurazione sul piano normativo, il 58% dei medici specialisti ritiene che le terapie digitali avranno un impatto elevato sulla pratica clinica. Dalla ricerca sui pazienti cronici o con malattie gravi di lunga durata, svolta in collaborazione con AISC, Alleanza Malattie Rare, APMARR, FAND, FederASMA e Onconauti, emerge che ben 7 pazienti su 10 sarebbero propensi a utilizzarle se proposte dal medico curante per il trattamento della propria patologia. Tuttavia, metà dei pazienti non sarebbe disposto a pagare di tasca propria per queste soluzioni. 9 aziende del settore Life Science su 10 – coinvolte nella ricerca condotta in collaborazione con Confindustria Dispositivi Medici e Farmindustria – considerano l’assenza di rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale l’ostacolo principale alla sostenibilità finanziaria delle DTx in Italia. Nel frattempo un terzo delle aziende Life Science italiane sta già investendo in questo ambito. E la maggior parte ritiene che offrire una terapia digitale in combinazione con altri prodotti e servizi, ad esempio con un dispositivo indossabile per la raccolta di parametri clinici, sia il modello di business più sostenibile per remunerarle in assenza di rimborsabilità.

Un altro ambito di innovazione che avrà un impatto rilevante sul settore Life Science è quello delle tecnologie immersive, considerate molto interessanti anche dai pazienti: il 49% sarebbe interessato a utilizzare applicazioni di realtà virtuale o aumentata per il miglioramento del proprio stato di salute o per il trattamento della propria patologia.

Sono alcuni dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno “Life Science: tracciare la rotta in un mare di innovazione”.

“Il settore Life Science sta affrontando una fase di profonda trasformazione grazie alle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica e digitale – spiega Emanuele Lettieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation -. In questo contesto, tutti gli attori del mercato devono analizzare e comprendere i trend d’innovazione, soprattutto quelli emergenti e meno consolidati, per definire la propria strategia e gli obiettivi di medio-lungo termine. Siamo certamente in un momento storico caratterizzato da molteplici opportunità nel quale diventa sempre più importante orientarsi correttamente e tracciare la ‘giusta rotta’ per riuscire a valorizzare le risorse in gioco e non perdersi in un ‘mare di innovazione’”.

Identificare i trend di innovazione emergenti è un’attività che richiede di saper leggere e integrare fonti d’informazione eterogenee, con dati qualitativi e quantitativi. 7 aziende dell’offerta su 10 utilizzano sorgenti informative tradizionali. Una volta compresi i trend in atto, la maggior parte delle aziende passa direttamente al forecasting delle vendite, mentre il 60% prova ad approfondire con metodi qualitativi. Le attività di pianificazione strategica sono difficilmente orientate al lungo periodo anche per le aziende sanitarie. Il 63% analizza le innovazioni emergenti con un orizzonte di breve e/o medio periodo. Lo scanning delle innovazioni avviene anche in questo caso con approcci molto tradizionali: partecipazione a conferenze scientifiche e collaborazione con aziende dell’offerta.

L’Osservatorio ha censito 62 terapie digitali attualmente in commercio a livello internazionale, utilizzabili per il trattamento di varie patologie. Il 47% delle soluzioni analizzate si riferisce all’area psichiatrica, principalmente per la gestione di ansia e dipendenze. Non mancano però applicazioni nel campo dell’endocrinologia, rivolte a pazienti affetti da obesità o diabete, e della reumatologia per il trattamento del dolore cronico. Guardando ai modelli di business delle attuali DTx in commercio, quello maggiormente diffuso è di tipo B2B. Tale modello prevede il rimborso della DTx da parte di assicurazioni previa prescrizione medica. La modalità di erogazione più diffusa è quella cosiddetta stand-alone, che prevede l’utilizzo della DTx in modo indipendente. Una terapia digitale su quattro è associata a un trattamento farmacologico, solitamente con l’obiettivo di ottimizzarlo aumentandone efficacia e aderenza.

“Le terapie digitali rappresentano un ambito promettente, soprattutto nel medio-lungo periodo, ma con alcune sfide aperte per la loro piena diffusione – dichiara Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation –. Oltre agli aspetti regolatori legati all’approvazione e al rimborso delle DTx in Italia, sarà poi importante integrarle nei processi di cura, ma anche informare e formare pazienti e professionisti sanitari affinché possano comprenderne i benefici e le limitazioni. Infine, sarà necessario ripensare i modelli di business tradizionali in modo innovativo, ad esempio mediante un approccio platform-based, che consenta di identificare i vari attori coinvolti nell’erogazione del servizio e i rispettivi scambi di valore”.

La realtà estesa sta producendo un impatto rilevante anche sul settore sanitario, suscitando curiosità e interesse nei pazienti. 1 su 2, infatti, si dice propenso a utilizzare le tecnologie di realtà virtuale o aumentata per il miglioramento del proprio stato di salute o per un trattamento.

“Le potenziali applicazioni di queste tecnologie sono molteplici – commenta Alberto Redaelli, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation –. La realtà estesa può consentire, ad esempio, di integrare i percorsi formativi tradizionali dei medici. Inoltre, queste tecnologie permettono di supportare i professionisti sanitari nella diagnosi precoce, nella pianificazione o nell’esecuzione di un intervento chirurgico. Le tecnologie di realtà estesa rappresentano anche gli strumenti abilitanti in ottica metaverso con potenziali interessanti applicazioni nella telemedicina e nella riabilitazione. Un ambito d’innovazione, però, percepito ancora come piuttosto distante dalle priorità delle aziende del settore, che ne associano un impatto atteso minore rispetto agli altri ambiti di innovazione analizzati”.

La robotica chirurgica permette di eseguire interventi precisi e minimamente invasivi, migliorando i risultati clinici e favorendo la ripresa post-operatoria del paziente e riducendo i tempi di riabilitazione. Se questo rappresenta un ambito di innovazione che produce un impatto sul settore già da diverso tempo, secondo l’80% delle aziende del settore Life Science e il 68% dei professionisti sanitari, la robotica assistiva, che supporta le persone con disabilità o limitazioni fisiche, e quella riabilitativa, in cui i robot vengono impiegati come elementi essenziali della terapia, si diffonderanno nel lungo periodo.

L’ambito della medicina in silico fa riferimento a tecnologie e modelli matematici per l’uso clinico. Ad esempio, si parla di digital twin quando queste tecnologie sono utilizzate per supportare decisioni mediche, come diagnosi o trattamenti, per un singolo paziente, portando a una maggiore personalizzazione e riducendo la necessità di effettuare esami invasivi. Secondo le aziende del settore Life Science la medicina in silico avrà un impatto molto rilevante, ma si prevede che possa diffondersi nel medio-lungo periodo.

“Gli in silico trial prevedono l’impiego di modelli computazionali individualizzati per valutare la sicurezza e l’efficacia di nuovi dispositivi medici, farmaci o di nuove procedure chirurgiche in uno studio clinico, portando a una potenziale riduzione del coinvolgimento di persone e animali nei trial, riducendo tempi, costi e rischi per lo sviluppo di nuovi prodotti o trattamenti. Ad oggi, in Italia, emergono ancora diverse sfide da affrontare per promuovere la diffusione della medicina in silico – spiega Gabriele Dubini, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Life Science Innovation –. È necessario rafforzare il processo di digitalizzazione dei dati e comprendere i limiti e le opportunità legate alla possibilità di un uso secondario dei dati clinici”.