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Liste di attesa che si allungano, difficoltà economiche, limitato accesso alle cure. Queste alcune delle principali motivazioni emerse dal questionario elaborato da APE – Associazione Progetto Endometriosi, la quale ha investigato sugli effetti e la relazione tra l’endometriosi, malattia cronica e complessa che colpisce circa 3 milioni di donne in Italia, e il Covid19. Un’emergenza nell’emergenza che ha ripercussioni devastanti sulle persone che lottano con questa patologia, le quali, già prima della pandemia, non trovavano una pronta e necessaria risposta dal sistema sanitario nazionale e che adesso devono scontrarsi in modo ancora più critico con la difficoltà di curarsi, in un contesto in cui la diagnosi precoce è fondamentale. L’endometriosi è una malattia complessa che ha origine dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, chiamato endometrio, in altri organi, che provoca dolori fortissimi, tanto da limitare la vita quotidiana e causare infertilità. Il questionario di APE, associazione che unisce pazienti di tutta Italia, è un’indagine inedita, in quanto non sono reperibili altri dati che mettono in correlazione gli effetti che la pandemia ha avuto sulle donne malate di endometriosi nel Paese. Ha coinvolto oltre mille donne, dal 3 agosto al 17 settembre 2020, che hanno risposto a domande specifiche sull’accesso alle cure, l’assistenza sanitaria e le spese da sostenere, per elaborare un punto di vista globale da parte delle pazienti che vivono la cronicità della malattia e che sono ancora prive di tutele economico-lavorative. Un punto di vista da portare all’attenzione delle istituzioni e degli addetti ai lavori. Il 41% delle donne interpellate ha dichiarato di aver temuto di non poter essere adeguatamente assistita durante il lockdown, anche per visite o interventi precedentemente fissati, mentre il 37% ha temuto di doversi recare in ospedale. «Questi dati – spiega Sara Beltrami, co-referente per le relazioni istituzionali e la tutela delle donne di APE – lasciano intendere come i mesi di lockdown siano stati affrontati dalle pazienti con angoscia. Hanno vissuto il dolore della malattia senza un’adeguata assistenza, in una situazione straordinaria e isolante. Come emerge dalle risposte, infatti, l’idea di doversi curare con urgenza e convivere con lo spettro di non riuscire a farlo, ha accompagnato queste donne per mesi. Un timore giustificato dal 24% delle intervistate che ha effettivamente riscontrato difficoltà nel ricevere assistenza; in parte a causa della crisi sanitaria, ma in misura non inferiore anche per i problemi di spostamento tra regioni, che hanno negato la possibilità di recarsi verso centri specializzati per ricevere diagnosi e terapie adeguate, o semplicemente dare continuità al percorso di cura». L’emergenza Covid ha aumentato le liste di attesa relative a molte patologie, ma nel caso dell’endometriosi, in cui tali liste erano già molto lunghe, la situazione si è aggravata notevolmente. Oltre il 47% delle intervistate ha rivelato, infatti, che la pandemia ha avuto un impatto sul proprio accesso alle cure. Quasi il 36% ha subito ritardi o annullamenti a visite per endometriosi precedentemente fissate, e oltre il 22% ha ammesso di non essere stata ricontattata per ripristinarle, o di aver dovuto prendere contatto di propria iniziativa perché ciò avvenisse. Sebbene il progredire dell’endometriosi sia relativamente lento, si tratta di mesi di isolamento in cui le pazienti soffrono dal punto di vista psicofisico, ed in cui si può potenzialmente assistere ad un peggioramento della malattia, con danni evitabili attraverso interventi tempestivi e precoci. Sono inoltre aumentati i costi sanitari, già molto alti per le donne affette da endometriosi. Molte pazienti per curarsi nei tempi brevi necessari devono rivolgersi a medici privati, aggiungendo dei costi a quelli dovuti alla mancata esenzione dai medicinali, terapie e altre prestazioni multidisciplinari non garantite dal sistema sanitario nazionale, come ad esempio la psicoterapia, l’osteopatia, il nutrizionista. C’è poi il tema spinoso dei congedi lavorativi per endometriosi non garantiti e in alcuni casi la perdita del lavoro delle pazienti a causa della malattia, nell’ambito di una situazione economica difficile, che rischia di aumentare le diseguaglianze tra le donne, minare l’aderenza terapeutica e accentuare la disparità di genere nell’accesso all’occupazione. Le pazienti hanno sempre più difficoltà nell’affrontare le spese per curarsi senza esenzioni e a gestire le assenze dal lavoro, in un contesto in cui il divario occupazionale di genere in Italia non diminuisce e rischia di aggravarsi con la crisi sanitaria, come evidenziato dal report di Eurostat, pubblicato a maggio 2020, sui progressi dell’Unione Europea verso i 17 punti per lo sviluppo sostenibile e la parità di genere. «Alla luce dei risultati del nostro questionario – afferma Sara Beltrami – possiamo ritenere che l’emergenza Covid sia un’emergenza anche per le pazienti con endometriosi, in attesa di tutele ed esenzioni da decenni. Persone al centro di un circolo vizioso che potrà essere interrotto solo elaborando un modello di assistenza sostenibile e attento alle esigenze di milioni di donne alle quali la pandemia ha assestato un ulteriore duro colpo». L’indagine di APE è motivo di un’interrogazione parlamentare in Senato, pubblicata il 18 novembre 2020, promossa dalla senatrice Paola Boldrini e indirizzata al Ministro della Salute Roberto Speranza. Nell’interrogazione, di cui si attende l’esito, si chiede di “intervenire affinché sia effettuata una mirata attività basata su prevenzione, diagnosi precoce e cura della malattia, anche in un’ottica di risparmio e di sostenibilità del sistema sanitario, alla luce degli elevati costi diretti e indiretti di questa patologia ed anche in virtù della presenza di registri di patologia su tutto il territorio nazionale che potrebbero dare un supporto in tal senso”.