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Nelle linee-guida diffuse di recente dall’American Heart Association, dall’American College of Cardiology e dalla Heart Rhythm Society, si raccomanda formalmente l’utilizzo dei defibrillatori impiantabili sottocutanei per il trattamento dei pazienti che soffrano di aritmie ventricolari e per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa. A queste esigenze risponde, oggi, il defibrillatore sottocutaneo EMBLEM MRI S-ICD, nato dalla ricerca Boston Scientific e, attualmente, l’unico di questo genere disponibile sul mercato.
Il dispositivo viene infatti impiantato sotto la pelle e non tocca né il cuore né i vasi sanguigni assicurando, comunque, adeguata protezione ai pazienti a rischio di morte cardiaca improvvisa.
Le linee-guida – pubblicate contemporaneamente da “Circulation”, dal “Journal of the American College of Cardiology” e da “The Heart Rhythm Journal” – suggeriscono il ricorso al dispositivo sottocutaneo per tutti i pazienti idonei all’impianto di un defibrillatore convenzionale e che non abbiano necessità di “pacing”, ovvero di una continua stimolazione che garantisca un battito regolare.
Le linee-guida raccomandano, inoltre, l’utilizzo dei defibrillatori impiantabili S-ICD nei soggetti che abbiano problemi vascolari, ovvero che non dispongano di vene sufficientemente grandi da permettere l’inserimento dei cateteri necessari per garantire il corretto funzionamento dei defibrillatori “convenzionali” denominati, più semplicemente, defibrillatori transvenosi oppure, ancora, nei pazienti ad elevato rischio infettivo, in particolare quelli affetti da diabete mellito.
Il diabete mellito è, infatti, una malattia che spesso coesiste in soggetti affetti da patologie cardiache, determinando uno stato di immunodepressione che, a sua volta, contribuisce ad aumentare le probabilità di sviluppare infezioni.
I pazienti ad alto rischio di infezioni presentano, di norma, un quadro complesso del sistema venoso che può rendere problematico o, addirittura, impossibile l’impianto di un defibrillatore transvenoso “tradizionale”. Secondo una recente indagine, effettuata su oltre 6.400 pazienti, i portatori di defibrillatori transvenosi erano di 8 volte più esposti a complicazioni rispetto a quelli che avevano avuto l’impianto di un defibrillatore sottocutaneo.
“L’inserimento dei defibrillatori sottocutanei S-ICD nelle linee-guida di prestigiose associazioni scientifiche mette in evidenza il valore terapeutico di questi dispositivi il cui utilizzo potrà essere indicato per una vasta fascia di pazienti, evitando le complicanze tipiche degli impianti con cateteri transvenosi” commenta Kenneth Stein, M.D., senior vice president e chief medical officer della Rhythm Management and Global Health Policy di Boston Scientific. “Il valore clinico di queste linee-guida è insito proprio nelle raccomandazioni ai medici che, a questo punto, potranno formalmente adottare i sistemi sottocutanei S-ICD quali opzioni terapeutiche da offrire ai pazienti ritenuti idonei all’impianto di un defibrillatore”.
Va ricordato che il sistema sottocutaneo S-ICD è incluso anche nelle linee-guida della Società Europea di Cardiologia, pubblicate nel 2015 e che contengono raccomandazioni sui trattamenti da adottare per pazienti affetti da aritmia ventricolare e per la prevenzione della morte cardiaca improvvisa.