Print Friendly, PDF & Email

L’integrazione della radioterapia stereotassica con il trattamento farmacologico standard aumenta la sopravvivenza dei pazienti affetti da carcinoma della prostrata oligometastatico: lo rivelano i risultati dello Studio ARTO, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of Clinical Oncology” e presentato alla 15a edizione dell’European Multidisciplinary Congress on Urological Cancers di Marsiglia. Il promotore dello studio è l’équipe di Radioterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, anima della Fondazione Radioterapia Oncologica, da oltre 30 anni attiva nella promozione della ricerca scientifica in ambito radioterapico.

ARTO è il primo studio clinico randomizzato multicentrico di fase II che ha indagato l’effetto sinergico della radioterapia stereotassica con la terapia sistemica di prima linea in una coorte di 157 pazienti con tumore prostatico oligometastatico.
Lo studio ha raggiunto sia l’end-point primario sia quello secondario suggerendo che i pazienti trattati con radioterapia stereotassica, in concomitanza ad abiraterone acetato e prednisone, hanno un beneficio significativo rispetto ai pazienti curati con la sola terapia farmacologica, senza registrare un aumento di effetti collaterali, quali disturbi gastrointestinali e presenza di sangue nelle urine.

“Ancora una volta, la moderna radioterapia dimostra di rappresentare un’arma efficace a disposizione dello specialista oncologo per migliorare le possibilità di cura dei pazienti affetti da carcinoma della prostrata, senza aggiungere significativi eventi di tossicità”, afferma Giulio Francolini, medico radioterapista oncologo presso l’Unità di Radioterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze nonché primo firmatario dello studio ARTO.

“Siamo altresì particolarmente orgogliosi e onorati che uno studio interamente italiano, guidato dalla nostra èquipe, sia stato pubblicato su una delle più importanti riviste del settore a livello internazionale, quale il ‘Journal of Clinical Oncology’”, conclude Francolini.