Print Friendly, PDF & Email

Nel corso del 55° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO, il più importante evento di Cardiologia in Italia, che si sta svolgendo a Rimini in questi giorni, sono stati presentati gli attesissimi risultati di un progetto formativo del tutto innovativo che ha coinvolto circa 600 cardiologi di tutta Italia. Obiettivo del progetto APPRO-EVO AUDIT ACS, condotto e promosso da ANMCO, quello di valutare la pratica clinica e l’appropriatezza delle procedure nella gestione dei pazienti con diagnosi di infarto miocardico acuto, per ridurre l’incidenza dell’infarto e la mortalità durante e dopo il ricovero. 

Ogni anno in Italia si registrano da 130.000 a 150.000 nuovi casi di infarto miocardico acuto: oltre 25.000 pazienti muoiono prima di arrivare al ricovero. L’8% dei pazienti ricoverati muore entro 30 giorni dalla dimissione dall’ospedale. E circa l’8-10% muore entro un anno. Complessivamente, dal 16 al 20 % delle persone che sopravvivono a un infarto muore entro 12 mesi dal ricovero ospedaliero. Le tecniche di rivascolarizzazione hanno permesso di dimezzare la mortalità entro i 30 giorni, che in passato superava il 15%. La mortalità fuori ospedale, invece, non è migliorata, e questo evidenzia l’importanza di seguire i pazienti in modo adeguato sul territorio per assicurare la continuità delle terapie e della riabilitazione cardiologica.

Il prof. Furio Colivicchi, Past President ANMCO e Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitativa dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma – dichiara: “. Dai dati raccolti emerge che tra i pazienti gestiti in ospedale per un episodio infartuale un quarto ha già avuto un infarto in precedenza, il 35% è fumatore, il 95% viene sottoposto a coronarografia durante il ricovero e l’85% ad angioplastica per riaprire la coronaria responsabile dell’infarto. Oltre il 40% dei pazienti ricoverati per infarto è già in trattamento con statina ed il 6% ha una forma di intolleranza alle statine. L’intervento formativo, che ha coinvolto i professionisti di 50 centri italiani, è risultato efficace in termini di miglioramento dell’impiego, delle diverse opzioni terapeutiche disponibili per la gestione dell’ipercolesterolemia. Infatti, nella seconda fase del progetto, alla dimissione dopo un infarto si è osservato un incremento dell’impiego della terapia di combinazione statina-ezetimibe, utile per una più rapida ed efficace riduzione del colesterolo, e dell’impiego degli anticorpi monoclonali anti PCSK9, potenti farmaci per ridurre il colesterolo, dall’11% dei pazienti al 18% dei pazienti dimessi dopo un infarto. Altro dato di rilievo è che, parallelamente, nei pazienti con più alti livelli di colesterolo, i quali dopo un infarto richiedono un trattamento di intensità particolarmente alta per portare il colesterolo ai livelli raccomandati, l’impiego di questi farmaci è passato dal 50% al 75%.  Globalmente i risultati di questo progetto di audit, una vera novità nel contesto della formazione dei cardiologi, confermano l’importanza di effettuare verifiche delle attività svolte all’interno dei singoli centri per evidenziare gli scostamenti rispetto alle indicazioni delle linee guida e migliorare le cure.”

«I risultati ottenuti – conclude il prof. Colivicchi – dimostrano l’efficacia dell’’Audit clinico come strumento che può favorire il cambiamento e il miglioramento della pratica clinica ed evidenziano il forte impegno della cardiologia ospedaliera italiana nei confronti dei pazienti con infarto per garantire loro trattamenti ottimali, e ridurre così le recidive, abbattere la mortalità e migliorare la qualità di vita. Parte integrante di questo impegno è la costruzione della continuità assistenziale ospedale-territorio, in modo da non disperdere quanto si fa durante il ricovero e aiutare i pazienti ad affrontare la riabilitazione cardiologica, continuare nel tempo i controlli e proseguire nell’arco della vita le terapie avviate in ospedale. Oggi ci confrontiamo con un’assistenza cardiologica territoriale ancora molto frammentata. L’auspicio è che tale situazione possa migliorare a fronte dei fondi messi a disposizione del PNRR e del futuro nuovo Piano Sanitario Nazionale”. 

Il prof. Fabrizio Oliva – Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 dell’Ospedale Niguarda di Milano – sottolinea“L’ANMCO la più grande Società Scientifica della Cardiologia dimostra ancora una volta la sua capacità di mettersi a disposizione del Sistema Sanitario Nazionale per verificare continuamente le possibilità di miglioramento nella pratica clinica quotidiana in ambito cardiovascolare nell’interesse dei nostri pazienti. Questo progetto, contribuirà senz’altro a rendere sempre più sicura ed efficace la terapia delle patologie cardiache, riducendo notevolmente il rischio cardiovascolare globale.”

Sempre nel corso del 55° Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO sono stati presentati anche gli attesi risultati dello studio EYESHOT-2, un registro nazionale multicentrico prospettico che ha arruolato in 4 settimane, nel mese di febbraio 2024, più di 2.800 pazienti consecutivi con diagnosi di infarto miocardico acuto ricoverati in 183 terapie intensive cardiologiche italiane. 

Il prof. Leonardo De Luca – Vice Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia – ha spiegato: “Lo studio è una fotografia sulla gestione intraospedaliera dei pazienti ricoverati per infarto del miocardionel nostro Paese. L’età media della popolazione di pazienti con infarto arruolati nello studio è pari a 69 anni, il 37% con più di 75 anni ed il 27% di sesso femminile. Il 7.2% dei pazienti aveva meno di 50 anni. Tra i pazienti con età inferiore a 50 anni, la maggioranza aveva una coronaropatia con interessamento di un solo vaso ed il 9.5% presentava coronarie esenti da lesioni significative, nonostante la diagnosi finale di infarto. Per quanto riguarda le forme di infarto che non richiedono una riapertura immediata della coronaria responsabile dell’infarto (NSTEMI), il ricorso precoce all’esame coronografico è risultato più frequente nella popolazione di pazienti più giovani e nei centri con a disposizione una sala di emodinamica in situ, mentre è risultato indipendente dal rischio stimato di eventi avversi, che invece dovrebbe essere il primo motivo per scegliere una strategia precoce. Abbiamo registrato un aumento significativo del ricorso alla rivascolarizzazione percutanea ed una riduzione dei tempi dall’ingresso in ospedale alla PCI; in generale, il 90% dei pazienti con infarto è stato sottoposto ad angioplastica con un tasso di casi trattati in maniera “conservativa” che è inferiore rispetto a quello registrato nella precedente edizione dello studio che risale al 2015. Confrontando la mortalità intraospedaliera con lo studio condotto nel 2015 si è osservata una riduzione dal 2.3% all’1.8% nel NSTEMI e dal 3.9 al 2.8 nello STEMI. Infine, è importante sottolineare che lo studio EYESHOT ha mostrato come, in generale, tutti i trattamenti raccomandati sono altamente prescritti. Scendendo nel dettaglio della terapia per la riduzione del colesterolo, rispetto allo studio condotto 9 anni fà, vi è un maggiore impiego della terapia di combinazione, mentre nuovi farmaci per l’ipercolesterolemia come gli inibitori di PCSK9 sono prescritti alla dimissione solo nel 5% dei casi.”