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Gli italiani sono tra i più longevi al mondo, ma non godono di una salute di “ferro”. Nel nostro Paese, infatti, un anziano su cinque convive con una o più malattie croniche ed è inoltre carente di alcuni nutrienti poco assunti con la dieta, che giocano invece un ruolo importante nel determinare il decorso di patologie come BPCO, insufficienza cardiaca e malattie infiammatorie dell’intestino. L’anemia da carenza di ferro rappresenta la più diffusa carenza alimentare: interessa circa il 25% della popolazione mondiale e causa ogni anno la morte di oltre 800mila persone. Un fattore, questo, che è ancora troppo spesso sottovalutato e sottodiagnosticato: sebbene basti un esame del sangue, semplice e poco costoso, l’anemia da carenza di ferro viene indagata solo in un caso su tre, nonostante nel paziente cronico abbia risvolti negativi sulla prognosi.
“L’anemia nell’anziano rappresenta un problema molto comune, dato che aumenta progressivamente con l’età. Tuttavia vi è sempre stata una sottovalutazione del problema anche tra i medici che tendono a considerare il fenomeno un disturbo “normale”, a meno che i livelli di emoglobina non arrivino a livelli allarmanti – spiega Francesco Perticone, presidente SIMI – Negli ultimi anni invece si sta osservando che la carenza di ferro nell’anziano rappresenta non solo un fattore predittivo delle malattie croniche, ma ne aggrava anche il decorso”.
“Per questo motivo abbiamo deciso di dare inizio a uno studio multicentrico che interesserà oltre 2mila pazienti cronici, e quantificherà l’impatto della sideropenia in alcune delle più diffuse malattie croniche degenerative, che contribuisce ad aumentare riospedalizzazione e mortalità”, sottolinea Antonello Pietrangelo, Presidente eletto SIMI, coordinatore dello studio e Direttore della Divisione Medicina Interna presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena. Intervenire tempestivamente sulla carenza di ferro per ridurre le complicanze e le ripercussioni negative dell’anemia nei pazienti cronici e prevedere il decorso di numerose patologie. È questo uno degli obiettivi degli esperti SIMI, che focalizzano l’attenzione sulla necessità di concepire la carenza di ferro in questa “classe” di pazienti in una nuova maniera: “Negli ultimi anni nel campo della ricerca scientifica sta emergendo sempre di più la necessità di curare questa forma di anemia nel paziente cronico attraverso l’iniezione intravenosa del ferro, piuttosto che confidare in una sua automatica risoluzione come conseguenza del trattamento mirato alla cura dello scompenso cardiaco o della BPCO. Abbiamo a disposizione diverse strategie terapeutiche innovative per far fronte a questo problema – conclude Pietrangelo – ma dobbiamo aumentarne la conoscenza, anche tra i medici: esistono farmaci iniettabili innovativi che consentono di far accrescere i livelli di ferro nel paziente in modo più rapido ed efficiente. Ma c’è bisogno di definire linee guida che uniformino la scelta delle terapie più opportune al livello nazionale, oltre che raccomandazioni trasversali che aiutino a migliorare la gestione della malattia cronica con un approccio multidisciplinare”.
In un caso su due l’anemia è dovuta alla carenza nutrizionale di ferro. Ecco allora alcuni alimenti ricchi di questo elemento da poter assumere per “prevenire” questa forma di anemia:
1) Carni rosse magre, tacchino e pollo: sono una delle principali fonti di ferro
2) Una buona assimilazione di ferro è garantita anche dall’assunzione di cibi quali salmone, merluzzo e tonno
3) Per sfruttare al meglio la minore quantità di ferro presente in frutta, verdura e cereali, il consiglio è di assumere nello stesso pasto alimenti ricchi di vitamina C e cisteina.
4) Evitare di assumere a distanza ravvicinata bevande come tè, caffe e cacao, perché riducono l’assimilazione del ferro
5) È infine consigliabile non associare nello stesso pasto alimenti ricchi di ferro con latte e derivati, perché ne riducono l’assorbimento.