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Sono 1.600 pazienti arruolati dall’Istituto Virtuale Nazionale Parkinson che parteciperanno allo studio sulle basi genetiche della malattia grazie all’utilizzo di un protocollo di analisi genetica e caratterizzazione fenotipica armonizzato da 16 dei 30 IRCCS aderenti la Rete che intervengono all’iniziativa.

«La comprensione dei fattori che influiscono sul rischio di sviluppare Parkinson e incidono sulla gravità dei sintomi e del decorso, nonché l’identificazione di biomarcatori clinici e umorali – premette il prof. Pietro Cortelli, coordinatore dell’IVN – sono traguardi ambiziosi che richiedono uno sforzo collaborativo tra centri che si dedicano alla cura di questa patologia neurodegenerativa. Solo attraverso la Rete degli IRCCS – precisa – è possibile raccogliere un numero adeguato di dati clinici e molecolari che porti a questi traguardi. Tanto più che una dettagliata correlazione tra i fattori di rischio genetici e le manifestazioni cliniche della malattia non è ancora stata esplorata, né in Italia né altrove».

Nella popolazione italiana affetta da Parkinson circa il 14% dei pazienti è portatore di almeno una mutazione nel gene GBA e questa percentuale arriva al 20% nei casi con esordio sotto i 50 anni. L’analisi mutazionale convenzionale di GBA è resa molto complessa e lunga dalla presenza di uno pseudogene con alta omologia.

«Lo sforzo di effettuare una analisi mutazionale completa del gene GBA in una casistica particolarmente ampia di soggetti, la più ampia mai presa in esame per un trial come questo – aggiunge Cortelli – sarà affrontato dalla Rete IRCCS di Neuroscienze e Neuroriabilitazione con metodi di analisi genetica e caratterizzazione fenotipica armonizzati tra i vari centri. In particolare, l’analisi genetica utilizzerà un innovativo protocollo inizialmente messo a punto dagli IRCCS Ca’ Granda, Mondino e Ospedale San Raffaele, basato sulla amplificazione selettiva dell’intero gene GBA e il successivo sequenziamento mediante tecnologia NGS che permetterà, a seguito di analisi bioinformatica mirata, di identificare sia mutazioni puntiformi sia mutazioni più complesse di GBA con elevata sensibilità, ma con tempi e costi notevolmente ridotti rispetto alle tecnologie tradizionali.. Questo passo, indispensabile, aprirà le porte a successivi progetti di studio di biomarcatori nell’ampia corte Parkinson geneticamente e clinicamente studiata in questo progetto».

Secondo il Presidente della Rete RIN, prof. Raffaele Lodi, «la progettualità che sta esprimendo l’IVN Parkinson, al di là del valore intrinseco dello studio, particolarmente elevato, è il risultato tangibile dell’attività di armonizzazione clinico/strumentale tra gli IRCCS realizzata nei primi due anni di attività dell’IVN che, grazie ai finanziamenti del Ministero della Salute, ha messo gli Istituti nelle condizioni di poter sequenziare con omogeneità e, sul versante clinico, ed è questo un altro vantaggio cruciale dell’essere Rete, di costituire la coorte di indagine più numerosa di sempre nello studio mutazionale del gene GBA».