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Di “vecchio” hanno solo la data sull’atto di prima registrazione. Ma nel DNA hanno la capacità e la voglia di offrire nuove soluzioni a bisogni sanitari insoddisfatti o di migliorare significativamente la gestione di terapie consolidate nelle diverse aree terapeutiche di appartenenza. Sono le Value Added Medicines, di cui all’estero si discute ormai già da qualche anno: i medicinali a valore aggiunto che utilizzano principi attivi noti e di indiscussa efficacia introducendo delle “innovazioni” che ne migliorano le performance regalando loro una marcia in più rispetto a qualsiasi precedente versione.

A dar voce alle aziende impegnate in questo settore sarà un Gruppo autonomo, appena battezzato nell’ambito di Assogenerici: l’Italian VAM Group, che ha eletto come proprio coordinatore Geremia Seclì e come vice coordinatore Raffaelle Marino.

Obiettivo del neonato Gruppo – che è aperto anche all’adesione di aziende non appartenenti ad Assogenerici – è quello di contribuire tramite i nuovi prodotti a migliorare l’aderenza alle terapie e i risultati sulla salute o sulla qualità della vita; incrementare la sicurezza ed efficienza del personale sanitario; allargare le opzioni di trattamento e prevenzione; migliorare il rapporto costi-benefici e infine accesso all’assistenza sanitaria.

Al gruppo hanno già aderito 10 aziende già trasversalmente attive sia nel settore delle small molecules che in quello dei biologici e si sta registrando l’interesse di aziende attualmente non associate ad Assogenerici.  

«Le VAM includono una grande varietà di prodotti off patent modificati o combinati prevedendo ad esempio nuove forme farmaceutiche, vie di somministrazione, dosaggi, indicazioni, devices, soluzioni digitali e patient support programs», spiega, il neo-coordinatore Seclì.

«Esiste un significativo potenziale non sfruttato in Europa per ottimizzare le terapie esistenti per soddisfare al meglio le esigenze di pazienti, operatori sanitari e pagatori – conclude Marino – una maggiore personalizzazione delle terapie esistenti non può che portare ad una maggiore efficienza per l’intera comunità sanitaria».

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