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Lo studio è appena stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports ed è una ricerca tutta made in Italy, anzi tutta made in Milano grazie alla collaborazione tra i ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e gli ematologi dell’Ospedale Niguarda.
Il lavoro, completamente autofinanziato con il sostegno delle Associazioni di Volontariato, è una rivoluzione che apre a nuovi scenari, mai ipotizzati prima, per le cure e per la comprensione dei meccanismi che portano all’instaurarsi di una patologia oncologica che colpisce le cellule del sangue: la leucemia mieloide acuta.
Nello specifico il gruppo di lavoro con base a Milano, coordinati per la parte di ricerca accademica dal genetista Alessandro Beghini del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano e da Roberto Cairoli, Direttore dell’Ematologia di Niguarda, per la parte clinica, ha evidenziato che in oltre un paziente su due c’è una correlazione tra la malattia e una porzione di DNA presente nelle cellule leucemiche che non è di tipo umano. Un’evidenza importante che richiederà ulteriori step di approfondimento per capire quale sia la fonte di questo “corpo estraneo” nel genoma dei pazienti. Si pensa alla “pista microbiologica” con virus e batteri coinvolti nei meccanismi di patologia ma è ancora presto per avere un identikit preciso.
Questa importante scoperta apre a nuove branche di ricerca. Tutto nasce dall’evidenza di una sovraespressione della proteina WNT10B nella cellula leucemica. Già in uno studio di 4 anni fa, sempre a firma delle due équipe milanesi, si era visto che la proliferazione cellulare incontrollata, tipica dei meccanismi tumorali, presentava un’iper-espressione di questa proteina.
Il lavoro di analisi in laboratorio è proseguito e l’équipe di Beghini, grazie anche al prezioso contributo di Francesca Lazzaroni e di Luca Del Giacco, si è affinato sempre di più. Il team è un po’ come se avesse zoomato sulla sequenza individuata per delinearne le caratteristiche. E nell’area interruttore, che regola l’espressione o lo spegnimento del gene, è emerso l’elemento di novità più importante dello studio: ci si è ritrovati di fronte ad una sequenza di nucleotidi che sicuramente non è di origine umana.
L’anomalia “con l’intruso” è stata riscontrata nel 56% delle leucemie mieloidi acute e il materiale genetico analizzato è stato estratto da una casistica di 125 pazienti trattati per questo tumore presso l’Ematologia di Niguarda nel corso degli ultimi 5 anni.
Inoltre i ricercatori hanno trovato un’altra correlazione che difficilmente può passare inosservata: hanno scoperto la stessa alterazione genetica anche in alcune cellule di tumore della mammella. Le evidenze al momento sono meno approfondite, ma è un input di ricerca che potrebbe delineare novità importanti anche per questa patologia.
Nel frattempo le ricadute sul trattamento della leucemia mieloide acuta sono promettenti. Con questa scoperta, infatti, si è identificato un nuovo target per le terapie a bersaglio molecolare. I prossimi passi della ricerca si concentreranno sullo sviluppo di nuovi farmaci che vadano a stoppare in modo mirato i meccanismi proliferativi mediati da WNT10B.
E’ una possibilità in più per una malattia che ogni anno solo in Italia conta 2.000 nuove diagnosi in più, con una prevalenza di casi al maschile e con un picco di insorgenza dopo i 60 anni di età.