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Più che l’avvento di tecnologie rivoluzionarie o di grandi innovazioni in campo medico, saranno le persone a ridefinire i confini della sanità a livello globale nel prossimo decennio: imprenditori, attivisti, ma anche gente comune, che rappresenteranno cinque grandi gruppi, le cinque forze del cambiamento.

Questa la grande tendenze individuata da Philips e Institute for the Future e condensata nel report ‘Together, Forward’, che analizza come individui e gruppi accomunati da intraprendenza, ispirazione e capacità di visione, stiano sperimentando nuovi approcci alla scoperta scientifica, alla salvaguardia del Pianeta, all’assistenza sanitaria e al concetto stesso di salute e benessere.

Queste le cinque “forze” individuate dal report, che gli attuali protagonisti del settore – aziende e istituzioni – dovranno imparare a comprendere e coinvolgere nella strada verso un futuro sostenibile e inclusivo:

Problem-solver digitali che fanno leva su soluzioni tecnologiche per risolvere le principali sfide economiche, ambientali e sociali del nostro tempo, trasformando le crisi in opportunità per accelerare l’innovazione. Mentre il mondo era bloccato dai lockdown, i pandemic-preneurs hanno lanciato incubatori e acceleratori digitali per cercare soluzioni alle tante problematiche causate dalla pandemia, guidati da valori di apertura, trasparenza, collaborazione, combinando le capacità e l’energia di centinaia o migliaia di persone. Un nuovo modo di fare ricerca e innovazione si prefigura nel post-pandemia, un futuro in cui individui e gruppi saranno sempre più protagonisti nel settore della scienza e delle scoperte tecnologiche.

Anche se per certi versi gli house-pitalists potranno ricordare i medici che visitavano a domicilio 100 anni fa, questi nuovi attori avranno un ruolo chiave, rappresentando una sorta di nuova forza lavoro che ruoterà intorno al crescente utilizzo della Telemedicina, supportando i pazienti affetti da patologie croniche nella fruizione delle cure da remoto e sgravando al contempo le strutture sanitarie pubbliche e private. Il loro impegno andrà ben oltre la salute in senso stretto, ma riguarderà anche ambiti come il benessere sociale, psicologico e spirituale, in un modello che contempla una visione olistica della salute.

Giovani attivisti connessi a livello globale, per lo più ragazze, dotati di grande confidenza nell’uso dei mezzi e delle tecnologie di comunicazione social, capaci di creare reti di supporter e di mobilitarle, catalizzano l’attenzione di milioni di persone sulla lotta per la salute del Pianeta, anche perché è fondamentale per proteggere la salute umana. In questo gruppo si possono far rientrare anche i cosiddetti Artivist, un universo variegato che va da artisti a data scientist che utilizzano i loro talenti creativi e analitici per rendere la scienza più accessibile e comprensibile, realizzando opere, video e tecnologie come la realtà virtuale per dimostrare l’impatto dei cambiamenti climatici.

Partendo dal rifiuto della filosofia “pain = gain”, queste persone ritengono che il modo migliore per essere sani passi da un approccio “soft” e dal concentrarsi sul benessere inteso come sentirsi bene. No ad allenamenti intensivi e solitari ma attività di gruppo in spazi interni ed esterni condivisi: sport di squadra, danza, passeggiate, artigianato, cucina e giardinaggio. Questo atteggiamento si ripercuote anche nell’approccio al lavoro e alla sicurezza economica: non lavorare di più per guadagnare di più, ma invece lavorare di meno, condividere di più e mettere in comune le risorse con gli amici, la famiglia e la comunità.

Abilitatori di un nuovo modello di innovazione tecnologica volto a incrementare il potere di decision-making delle persone disabili in ambito sanitario, politico, economico e sociale. Lo stesso può dirsi a riguardo della ricerca sanitaria, ambito per il quale reclamano, ad esempio, un maggior coinvolgimento di donne e minoranze etniche negli studi clinici, affinché riflettano meglio le persone che utilizzeranno i farmaci, i vaccini o i dispositivi studiati. Più in generale, questi soggetti si impegnano affinché i sistemi sanitari siano più inclusivi, sia a livello locale che globale, dunque per una migliore e più ampia accessibilità alle cure e una più equa distribuzione delle risorse sanitarie a livello mondiale.