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La completa assenza di spermatozoi nel liquido seminale, chiamata azoospermia, colpisce circa un uomo su 100. Nella maggior parte dei casi questa condizione non ha una causa nota: ciò significa che non può essere attribuita a nessun meccanismo fisiopatologico conosciuto, né si associa alla presenza di fattori di rischio particolari o all’impiego di terapie per altre condizioni mediche. Capire il meccanismo biologico alla sua origine è sempre più importante, dal momento che recenti dati mostrano una correlazione tra l’infertilità maschile, la salute complessiva dell’uomo e il fenomeno dell’invecchiamento precoce.
Un recente studio, appena pubblicato su Human Reproduction, rivista del gruppo Oxford University Press, indaga per la prima volta la relazione tra azoospermia e alterazione del microbioma a livello del tessuto testicolare. La scoperta, frutto del lavoro di un gruppo di scienziati dell’Istituto di ricerca urologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – in collaborazione con il Laboratorio di Microbiologia e Virologia dello stesso ospedale – fornisce la prima prova della presenza di batteri nel tessuto testicolare, che fino a ora si pensava fosse microbiologicamente sterile, grazie all’uso di una tecnica molto sensibile per l’amplificazione del DNA batterico. Se confermato, questo risultato potrebbe supportare lo sviluppo di future terapie traslazionali per l’infertilità maschile basate sulla ricostituzione di un corretto microambiente testicolare.
Il gruppo di ricercatori, guidati dal dottor Massimo Alfano, ha studiato la popolazione batterica nel tessuto testicolare di 15 uomini, tra cui individui affetti da azoospermia con cause sconosciute e individui sani. Si tratta del primo tentativo in questo senso, essendo i testicoli uno dei pochi organi ancora non caratterizzati microbiologicamente. Nonostante il numero dei campioni di questo studio pilota sia basso e necessiti di ulteriori conferme, l’analisi del microbioma ha mostrato una differenza tra i due gruppi di individui: chi è sano ospita nel tessuto testicolare un basso ma più diversificato numero di batteri, appartenenti a quattro dei principali gruppi, mentre chi è affetto da azoospermia ospita batteri in numero più alto ma meno ricchi in biodiversità, dal momento che risultano del tutto assenti il gruppo dei Bacteroidetes e quello dei Protobacteria.
“Questa è la prima dimostrazione in assoluto del fatto che il microambiente testicolare, a differenza di quanto abbiamo sempre pensato, non è sterile. Nei tessuti testicolari esistono dei batteri e possiamo supporre che abbiano un ruolo rilevante nei processi fisiologici che lo riguardano, come accade nel resto dei tessuti e sistemi umani studiati fino a ora” spiega Andrea Salonia, direttore di URI. “Si tratta di un’evidenza molto solida, poiché abbiamo utilizzato tessuti prelevati durante operazioni chirurgiche, in un ambiente pulito e sterile, evitando ogni possibilità di contaminazione”.
Se confermati e ampliati, questi risultati potrebbero supportare future terapie traslazionali e l’istituzione di nuovi marcatori clinici per diagnosticare e trattare l’azoospermia negli uomini.

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