Print Friendly, PDF & Email

Nel corso dell’ultimo Congresso Nazionale AIRO – Associazione Italiana di Radioterapia e Oncologia Clinica è stato premiato come miglior contributo scientifico uno studio multicentrico italiano di cui è Principal Investigator il prof. Stefano Arcangeli, direttore della Radioterapia della ASST Monza e professore associato di Diagnostica per Immagini e Radioterapia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Lo stesso è poi stato inoltre recentemente pubblicato.
Lo studio POPART ha per la prima volta dimostrato la fattibilità di un trattamento di radioterapia stereotassica nella recidiva biochimica post-prostatectomia. La radioterapia stereotassica è una tecnica radioterapica d’avanguardia che consente di somministrare con estrema precisione e non invasivamente dosi di radiazioni molto elevate a bersagli neoplastici di dimensioni limitate, ottenendone la distruzione attraverso la necrosi tumorale.
L’adozione di protocolli di “ipofrazionamento”, caratterizzati cioè da poche sedute con dosi più alte, è ormai una pratica clinica standard in pazienti non operabili, ma il suo utilizzo nel setting postoperatorio è stato sempre scoraggiato a causa dei timori derivanti da un maggiore rischio di tossicità a carico di tessuti resi più vulnerabili dal trauma chirurgico.
In questi casi, dunque, il regime terapeutico più impiegato ha sempre previsto un frazionamento convenzionale della dose, che comporta tuttavia una lunga durata del ciclo di radioterapia, spesso motivo di scarsa compliance per i pazienti più anziani, fragili, o che vivono a distanza dal centro di radioterapia.
Più semplicemente, lo studio appena pubblicato, mostra per la prima volta come sia possibile effettuare un trattamento di radioterapia postoperatoria per recidiva biochimica dopo prostatectomia per carcinoma prostatico con solo 5 applicazioni.
Vuol dire trattare un paziente in 1 settimana anziché 7, con una sostanziale riduzione del numero di accessi in reparto. E ovviamente con importanti implicazioni organizzative, visto che questa strategia massimizza il turnover nella presa in carico dei pazienti, snellendo fortemente le liste di attesa.
In questo studio, approvato dal Comitato Etico Brianza, che coinvolge altri centri lombardi, nei primi 30 pazienti trattati con sole 5 frazioni non si sono registrate tossicità clinicamente significative e la qualità di vita è rimasta intatta, almeno a breve e medio termine.
Il progresso tecnologico ottenuto con la sostituzione di due acceleratori lineari negli ultimi 3 anni, insieme all’elevata expertise del personale medico, fisico e tecnico, ha permesso di sfruttare al massimo le potenzialità dell’ipofrazionamento rendendone finalmente possibile la sua declinazione anche dopo prostatectomia radicale.
“Qualora i risultati osservati verranno confermati a lungo termine – sottolinea il prof. Stefano Arcangeli – tale approccio risulterà particolarmente vantaggioso per la sostanziale riduzione del numero di accessi in reparto dei pazienti e dei loro caregivers, contribuendo a diminuire notevolmente lo stress legato a lunghi cicli di terapia e favorendo un rapido ritorno alla loro normale vita lavorativa, sociale o familiare. Non da ultimo, il rapido turnover della lista di attesa reso possibile dalla brevità dei trattamenti, è in grado di assicurare un’assistenza più rapida ed efficiente”.