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MCCANN HEALTH ha presentato i risultati dello studio globale “Truth About Doctors”, condotto dal McCann Truth Central, il centro di ricerca di McCANN WORLD GROUP.
Il parere di 2.000 clinici di 16 Paesi del mondo rende la ricerca un punto di riferimento per valutare il ruolo del medico nella società odierna. Tra i sentimenti più frequenti espressi dagli intervistati emergono crescente frustrazione e immobilismo che condizionano fortemente l’abilità e l’entusiasmo di svolgere la professione medica.
Lo studio rileva che le principali motivazioni di questo stato d’animo sono legate a tre grandi “tensioni”: la prima include le restrizioni economiche e la burocrazia imposte dall’attuale sistema salute; la seconda evidenzia una preoccupazione verso l’avvento dell’intelligenza artificiale, intesa sia come tecnologia medica, sia come strumenti digitali; in ultimo emerge una crescente pressione sul medico da parte di altre figure professionali che ne limitano l’autonomia.
I medici italiani dichiarano di sentirsi frustrati a causa della perdita di potere e di libertà di azione. La frustrazione ha un costo non solo professionale ma anche personale: il 64% degli intervistati soffre di problemi legati al sonno mentre il 67% riporta difficoltà coniugali.
Non solo, anche la costruzione della relazione medico-paziente risulta minacciata per via della burocrazia nella gestione del quotidiano – particolarmente avvertita in Italia e USA – ma anche a causa del grande numero di pazienti da visitare, come invece accade in Paesi come Cina e India.
Nei confronti dell’attuale sistema salute, i medici confessano i loro timori. Al primo posto troviamo la paura di azioni legali da parte del paziente o della sua famiglia (37%), al secondo posto la difficoltà nel gestire la burocrazia (28%), al terzo il rapporto conflittuale con gli amministratori pubblici che governano il sistema (15%). Tuttavia, a questa situazione di sfiducia si contrappone il forte riconoscimento della scelta deontologica e dunque la difesa della propria missione primaria. Secondo il 93% dei medici intervistati, infatti, il “providing care”, ovvero l’assistere il paziente, resta il suo ruolo primario nella società.
Dai dati emerge che il secondo motivo di tensione deriva dal nuovo “ecosistema” che ha portato il paziente a ricercare due principali caratteristiche nel medico: da un lato l’ancestrale desiderio di ricevere empatia e comprensione umana e dall’altro la richiesta di una soluzione efficace e sicura al problema di salute, proprio come farebbe il più preciso dei robot. Il medico, dunque, è diviso tra due sentimenti contrapposti: la preoccupazione che la tecnologia possa soppiantarlo e la consapevolezza che la macchina non sarà mai in grado di sostituire il suo lato umano. Infatti, il 59% dei medici intervistati dichiara che l’empatia resta una delle sue maggiori risorse.
Infine, la terza “tensione” emersa dallo studio riguarda l’attitudine del medico nei confronti del mondo delle relazioni collettive e digitalizzate. L’universo sanitario oggi è estremamente complesso e si fonda su nuove dinamiche di relazione, potere e responsabilità.
Se da una parte il medico ha a che fare con una moltitudine di altri professionisti, che a vario titolo “influenzano” il suo lavoro quotidiano, deve allo stesso tempo confrontarsi con pazienti sempre più esigenti e informati che hanno immediato e costante accesso a fonti di notizie prima inesistenti. Sono gli stessi clinici a pensare che 1 persona su 5 dia più fiducia ai social media che alla sua opinione professionale.
E allora anche qui il medico si sente confuso. Da una parte ritiene che i digital tools siano utili ai propri pazienti (70% degli intervistati) in quanto permettono di avere un dialogo più produttivo e di rendendoli più consapevoli del proprio stato di salute. Dall’altra afferma che, a seguito di un così ampio accesso a Internet, aumenta anche il rischio di autodiagnosi scorrette (secondo il 59% degli intervistati) e di ipocondria (per il 35%).