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Due anni fa l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana comunicava il primo caso al mondo in cui erano stati ottenuti due fegati sani a partire da uno malato in una paziente con 35 metastasi epatiche da neoplasia del colon. Ora l’annuncio della pubblicazione su “Cancers” di 15 casi consecutivi effettuati a Pisa con una sopravvivenza a 1 anno del 92%.

La storia naturale del tumore al colon retto multi-metastatico al fegato prevede una probabilità di ripresa della malattia fino all’80% nei primi due anni dopo la chirurgia. L’aumento dell’aspettativa di vita con i nuovi protocolli chemioterapici apre alla nuova sfida di mantenere la qualità della vita dopo la recidiva della malattia e di offrire successive opzioni terapeutiche, ove fattibili. Per questo motivo è stata messa a punto una strategia chirurgica che risparmi il fegato e che, allo stesso tempo, riduca il rischio della recidiva nella sua zona vitale (la confluenza dei peduncoli glissoniani di primo ordine), poiché potrebbe ostacolare la successiva somministrazione di trattamenti sistemici e peggiorare la qualità della vita del paziente a causa del coinvolgimento biliare. A tal fine, casi selezionati di metastasi colon-rettali sono stati trattati con la mesoepatectomia dei segmenti 1 e 4 in blocco con la vena sovraepatica mediana. Questa resezione epatica comporta l’asportazione di un piccolo volume di fegato ma induce un’importante modifica della vascolarizzazione intraepatica trasformando il fegato in un organo pari. Successivamente possono essere integrate complesse procedure di chirurgia del risparmio d’organo con le tecniche di accrescimento del volume del fegato per preservare entrambi i fegati ottenuti oppure farne crescere uno, grazie alla presenza dell’altro, che viene asportato solo quando il fegato sano ha raggiunto un volume adeguato ad assicurare le funzioni vitali.
Si tratta di un percorso terapeutico estremamente complesso che può essere realizzato solamente all’interno di un ambiente multidisciplinare esperto, che comprende oncologi, anestesisti, radiologi, medici nucleari, epatologi, patologi e chirurghi dedicati, oltre a tutto lo staff infermieristico e tecnico. Infatti, il Gruppo multidisciplinare dell’Aoup è cresciuto insieme negli ultimi 10 anni maturando un’altissima competenza nel valutare costantemente il corretto bilancio dei rischi e dei benefici di questo nuovo trattamento e decidere anche il momento preciso in cui applicarlo. “Si tratta di coniugare la chemioterapia con una chirurgia estremamente complessa – puntualizza il dottor Lucio Urbani (nella foto) che ha coordinato tutti i professionisti responsabili della nuova chirurgia epatica e coautori della pubblicazione scientifica – ed è fondamentale l’interazione tra professionalità tanto esperte, perché più le terapie sono complesse e più devono essere personalizzate e su misura per ogni paziente.”
Sulla base dei dati pubblicati, questo approccio chirurgico può rappresentare una nuova opzione per i pazienti affetti da metastasi epatiche colon-rettali. Il Gruppo multidisciplinare dell’Aoup è l’unico in grado di integrare le più complesse procedure chirurgiche di risparmio d’organo con le tecniche di incremento del volume del fegato superando la rigenerazione epatica sino ad ora conosciuta, come nel caso della paziente che aveva 55 metastasi e che ora vive con il solo 7% del suo fegato.