L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria estende l’utilizzo del robot chirurgico Da Vinci Xi anche all’ambito toracico. Dopo l’impiego nella chirurgia urologica, generale, bariatrica e ginecologica, da alcune settimane il sistema robotico è entrato anche nelle sale operatorie della Chirurgia Toracica, diretta dal dottor Diego Gavezzoli.

Con il robot sono stati eseguiti interventi per tumori del mediastino, del polmone, della parete toracica, e per patologie benigne.

“Si tratta di una tipologia di interventi per i quali l’impiego del robot chirurgico è di fatto un valore aggiunto rispetto alla chirurgia toracoscopica”, sottolinea il dottor Gavezzoli. “Infatti lo spazio molto delimitato in cui è collocato il mediastino e la forma a cupola del diaframma consentono di esaltare al massimo le caratteristiche del robot. Queste sono la magnificazione dell’immagine dovuta a una visione tridimensionale del campo operatorio, invece che bidimensionale come per la toracoscopia, e la mobilità a 360° dei bracci robotici, che permettono una migliore manipolazione degli strumenti e quindi un più preciso atto chirurgico”.

Essendo una chirurgia mini-invasiva, come la toracoscopia, vengono evitate le ampie incisioni toraciche (sono praticati solo tre o quattro forellini) e la divaricazione delle costole, come avveniva nella chirurgia open. Questo si traduce in un minore dolore post operatorio, nella diminuzione dei giorni di degenza, in una più rapida ripresa delle attività quotidiane e in una migliore resa estetica.

Il tumore più frequente del mediastino è il timoma, che colpisce il timo, una ghiandola endocrina del sistema immunitario, che si trova appunto sul mediastino anteriore. La ghiandola è coinvolta nella maturazione e nel rilascio nel sangue dei linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi. I tumori del timo vengono definiti rari in quanto rappresentano meno dell’1% di tutte le neoplasie e hanno un’incidenza di circa 0.15 casi ogni 100mila persone. 

“Il timoma è un tumore essenzialmente benigno, anche se pur crescendo lentamente può invadere la pleura e i polmoni e interessare i linfonodi regionali o più distanti”, prosegue il chirurgo. “Per questo è indicata l’asportazione chirurgica. Inoltre nel 30-40% dei casi il timoma si associa alla miastenia gravis, una patologia autoimmune, responsabile di un indebolimento dei muscoli volontari che comporta un generale e cronico stato di affaticamento. Le fasce muscolari più colpite sono quelle del collo, delle braccia e delle gambe. Ma anche gli occhi, con la caduta delle palpebre e la visione offuscata e doppia, il volto e la gola, con abbassamento della voce e difficoltà di deglutizione”.

Per questo nel caso di dimiastenia gravis, l’asportazione del timo, viene eseguita anche senza la presenza di una patologia oncologica. Il timo è una ghiandola che raggiunge il suo massimo sviluppo fino alla fase puberale, per poi regredire trasformandosi in tessuto adiposo. Si è visto che nei pazienti con miastenia gravis questo processo di regressione non avviene completamente, al contrario la ghiandola inizia a produrre autoanticorpi che bloccano l’attività dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore che normalmente controlla il funzionamento dei muscoli.

“Asportando il timo i sintomi dovuti alla miastenia si attenuano tanto che molti pazienti riducono i farmaci necessari per il controllo della malattia e in alcuni casi può associarsi anche la remissione completa della patologia autoimmune”, sottolinea il chirurgo.

Il 5-10% dei tumori del timo sono carcinomi, caratterizzati da maggiore aggressività e quindi da più rapida diffusione in altre sedi. In questi casi il trattamento chirurgico quando possibile è sempre indicato, ma oltre la chirurgia, può richiedere una terapia sistemica (chemioterapia) associata o meno a terapia locale.

“In tutti questi casi l’ausilio del robot in chirurgia toracica comporta grandi vantaggi con risultati chirurgici comparabili a quelli ottenuti con le tecniche tradizionali standard – conclude il dottor Gavezzoli -. Inoltre il suo utilizzo è sicuro, efficace e con un minor impatto sulla qualità di vita del paziente rispetto alla procedure chirurgiche standard”.