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In Italia, in controtendenza rispetto agli altri Paesi europei e agli USA, non ci sono disparità di genere nell’accesso alle cure e nella qualità dell’assistenza. Nonostante ciò, gli outcome clinici nelle donne con diabete di tipo 1 e 2 – in termini di controllo del colesterolo e di gestione del diabete – sono peggiori rispetto agli uomini, con conseguenti maggiori rischi cardiovascolari e di complicanze associate al diabete. È quanto emerso da un’analisi del Gruppo Donna di AMD presentata a Bruxelles nell’ambito di un’audizione parlamentare europea sulla medicina di genere. L’analisi ha coinvolto un campione imponente di pazienti, pari a oltre 470mila assistiti in cura presso un terzo circa dei servizi diabetologici italiani. Oltre a essere inclusa negli Annali AMD, la ricerca è stata pubblicata su importanti riviste internazionali quali Diabetes Care e Plos One.
“Abbiamo cercato di capire come, a parità di assistenza e trattamento del diabete, permanga un divario di genere in termini di outcome clinici – spiega la Dottoressa Valeria Manicardi, Coordinatore del Gruppo Donna AMD, Direttore dell’Unità Internistica Multisciplinare dell’Ospedale di Montecchio e Coordinatore diabete della Ausl di Reggio Emilia, che ha preso parte all’audizione europea illustrando il best case Italia –. Nelle donne con diabete di tipo 2, ad esempio, il risultato nel controllo del colesterolo LDL sotto 100 è sempre inferiore rispetto agli uomini del 3-5% e tende a peggiorare con l’età (fino all’8%). Nel caso del diabete di tipo 1, invece, le donne fanno più fatica a tenere sotto controllo l’emoglobina glicata, nonostante siano anche più trattate degli uomini: abbiamo infatti un 20% di donne trattate con microinfusore contro un 14% di uomini. L’unica buona notizia è che le donne diabetiche non sono più ipertese degli uomini, ma ci si dovrà occupare di più anche del target pressorio nei diabetici Tipo 1 di genere maschile; tutti gli altri outcome, però, determinano nelle donne un maggior rischio di complicanze cardiovascolari: così, anche in Italia l’infarto nei pazienti con glicemia alta è più comune e grave ‘al femminile’, e la mortalità più elevata e il profilo di rischio cardiovascolare risultano peggiori rispetto agli uomini”.
Ma quali sono i motivi alla base di queste differenze? “Ci sono certamente differenze biologiche e una diversa risposta ai farmaci – spiega Manicardi – che oggi richiedono una maggiore attenzione e analisi: la sperimentazione clinica soprattutto sui farmaci è stata a lungo prettamente maschile, mentre è necessario indagare efficacia e sicurezza dei nuovi farmaci e dispositivi anche nelle donne, che dovrebbero rappresentare almeno il 40/50% dei soggetti da coinvolgere negli studi. Un’altra ragione potrebbe risiedere nella minore percezione da parte delle donne del rischio cardiovascolare e, soprattutto, una minore propensione a prendersi cura di sé”.
All’audizione, a Bruxelles, ha partecipato una delegazione italiana composta, oltre che dalla Dottoressa Manicardi e da altri esperti e istituzioni sensibili al tema delle differenze di genere in medicina, la Senatrice Paola Boldrini, componente della commissione Affari sociali, nonché prima firmataria dell’emendamento al DDL Lorenzin sulla medicina di genere di recente approvazione in Commissione Affari Sociali e la Dott.ssa Fulvia Signani, psicologa dell’Università di Ferrara, che ha pubblicato libri sul tema. “L’emendamento rappresenta – commenta la Dott.ssa Manicardi – un grande passo avanti, che conferma l’impegno del nostro Servizio Sanitario Nazionale verso l’introduzione di una medicina maggiormente orientata alle differenze di genere, sia nella diagnosi e cura sia nella ricerca e nella prevenzione. Nel caso del diabete, l’Italia detiene un vantaggio fondamentale rispetto ad altri Paesi: una Rete dei servizi di diabetologia in grado di offrire pari opportunità di accesso alle cure, di trattamento e intensità di trattamento, in controtendenza con i dati internazionali, dai quali emerge che le donne sono costantemente sotto-trattate con tutti i farmaci salva-vita”.