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Albina ha sette anni ed è nata con una malformazione vascolare rara, un problema di quelli subdoli, che lavorano di nascosto e che con il passare del tempo si manifestano in disturbi via via più gravi. Tecnicamente si tratta di una fistola carotido-giugulare, in termini più semplici, una sorta di deviazione all’altezza del collo, costituita da tanti piccoli vasi sanguigni che sottraggono sangue dall’arteria carotidea dirottandolo nella vena giugulare.  Per ovviare a questa costante sottrazione di flusso sanguigno verso la testa, il cuore è sottoposto ad uno stress continuo: deve pompare infatti più sangue, per compensare quello che viene deviato verso la giugulare. “Si tratta di una situazione che nei bambini viene ben compensata – spiega il Prof. Matteo Tozzi, Direttore della Chirurgia vascolare dell’ASST Sette Laghi e docente all’Università dell’Insubria di Varese – ma che con il passare degli anni espone l’organismo a disturbi e patologie cardiache importanti, a partire dallo scompenso cardiaco precoce. Per dare un’idea, basti pensare che nella carotide normalmente scorrono 300/400 ml di sangue al minuto, nella carotide di Albina scorrevano 2 litri al minuto! E’ evidente la necessità di intervenire per risolvere il problema”. I genitori di Albina si accorgono che qualcosa non va quando notano una strana vibrazione all’altezza del collo della bambina. Albina viene quindi visitata nell’ambulatorio di Chirurgia vascolare pediatrica dell’Ospedale Del Ponte, il suo caso è studiato e viene quindi pianificato l’intervento. Anzi, gli interventi, perché il trattamento di questa malformazione ha richiesto un grande gioco di squadra e una serie di procedure interventistiche. A fine luglio Albina viene ricoverata al Del Ponte, in Chirurgia pediatrica. Il giorno dell’intervento, viene trasferita all’Ospedale di Circolo, quindi intubata e portata in sala angiografica, dove i radiologi interventisti e i neuroradiologi procedono insieme all’embolizzazione: viene cioè posizionato un device che chiude la connessione tra l’arteria e la vene, ovvero blocca la deviazione. La procedura richiede un paio d’ore. Trascorsa la notte in terapia intensiva, Albina entra in sala operatoria. Ad accoglierla qui ci sono gli anestesisti, la nurse infermieristica e un’équipe mista di chirurghi vascolari e otorinolaringoiatri che hanno analizzato nel dettaglio ogni passaggio di questo delicato intervento.  Ci vogliono sei ore al Prof. Matteo Tozzi e al Dott. Paolo Battaglia per asportare il nidus, ovvero il groviglio di piccoli vasi sanguigni che costituivano la connessione. “Le fistole hanno la tendenza a riformarsi, – spiegano i due chirurghi – è perciò necessario questo doppio approccio, così da minimizzare il rischio di recidive: prima si chiude la connessione in sala angiografica, poi si toglie il nidus della malformazione. Bisogna però procedere con grande cautela, innanzitutto perché si tratta di una bambina, con dei vasi sanguigni molto piccoli, da individuare con massima precisione, e poi perché la fistola si trovava in una zona molto delicata, il collo appena sotto la mandibola. I rischi di questo intervento sono alti in termini di danni permanenti ed è quindi determinante agire con la massima cautela”. L’intervento riesce perfettamente, Albina viene portata in terapia intensiva per un’ultima notte prima del risveglio. Trascorre una settimana di degenza nel reparto di chirurgia vascolare, dove recupera rapidamente e torna ad alimentarsi autonomamente. Infine, a casa, con mamma e papà finalmente sereni dopo la tensione delle ultime settimane. “Abitiamo a Varese, ma non ci siamo rivolti all’ASST Sette Laghi perché più comodo – commentano i genitori, con un velo di commozione negli occhi – Abbiamo scelto di farlo, di affidarci al Prof. Tozzi e alla sua équipe perché, dopo vari consulti, è lui che ci ha ispirato quella fiducia che ci ha portato a consegnare nelle sue mani la vita di nostra figlia. Sono stati mesi difficili, di grande preoccupazione, in cui però ci siamo sempre sentiti accompagnati. Non abbiamo trovato solo le competenze necessarie per curare la nostra bambina, ma anche ascolto alle nostre paure, ai nostri dubbi. Quando Albina è stata portata in sala angiografica per essere sedata, è stato difficile separarci da lei: le abbiamo sussurrato di essere forte, che presto sarebbe potuta andare al mare, che a lei piace così tanto. E così è stato. La gioia più grande è stato poterla portare a casa, finalmente guarita! Adesso è tempo di mantenere la promessa e tra pochi giorni noi tre raggiungeremo i nonni e il fratellino di Albina al mare. Adesso è tempo di recuperare l’estate perduta!”.