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Un passo avanti cruciale per mettere a punto farmaci antivirali efficaci contro il coronavirus SARS-CoV-2. Un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, in collaborazione con colleghi scienziati statunitensi, ha messo a punto un protocollo per isolare grandi quantità di “proteasi 3C-like”, proteina essenziale per la replicazione del coronavirus responsabile del COVID-19. Prodotta nelle cellule infette da SARS-CoV-2, la proteasi 3C-like è determinante per la replicazione e la propagazione del coronavirus. La comunità scientifica l’ha quindi identificata come uno dei principali bersagli farmacologici per bloccare la propagazione virale.
Lo studio offre, in un unico protocollo integrato, una “cassetta degli attrezzi” completa per produrre grandi quantità di questa proteina e per caratterizzarla in modo dettagliato a livello molecolare, strutturale e funzionale.

“Riteniamo che questi risultati avranno un impatto importante sulla comunità scientifica che si occupa di sviluppare farmaci contro il COVID-19”, dice Stefano Ciurli, Professore Ordinario di Chimica Generale ed Inorganica presso il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna, che ha coordinato lo studio insieme al professor Gaetano Montelione del Dipartimento di Chimica e Chimica Biologica del Rensselaer Polytechnic Institute. “Per identificare potenziali candidati per il trattamento farmacologico di SARS-CoV-2, è necessario infatti produrre una grande quantità di proteasi 3C-like nativa e attiva, e sviluppare protocolli standardizzati per determinarne l’attività enzimatica e le variazioni strutturali e funzionali in presenza di inibitori, tra cui ioni metallici importanti nella nutrizione”.

“La proteina è stata ottenuta per via ricombinante da colture batteriche di Escherichia coli: è una proteina di fusione, contenente, a monte, una sequenza riconosciuta in modo specifico da una proteasi chiamata SUMO”, spiega il Dott. Luca Mazzei, giovane ricercatore al Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater e primo autore dello studio, con il contributo determinante di Aleksandar Jovanovic, tesista per il Corso di Laurea Magistrale in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. “La proteina di fusione prodotta è poi purificata e incubata con la proteasi SUMO, che la taglia generando la sequenza naturale della proteasi 3C-like: con questo stratagemma è stato possibile ottenere oltre 100 milligrammi di proteina per ogni litro di coltura batterica”.
La struttura della proteasi 3C-like così ottenuta è stata studiata tramite spettroscopia di risonanza magnetica nucleare e biocristallografia, due tecniche biofisiche che permettono di determinare, ad alta risoluzione, la posizione degli atomi all’interno della molecola proteica. Inoltre, l’attività enzimatica è stata analizzata attraverso spettroscopia di fluorescenza.
“I dati raccolti costituiscono la base sperimentale per monitorare l’efficacia di candidati farmaci, rendendo possibile confrontare la struttura e la funzionalità della proteina target con quelle determinate in presenza di molecole o ioni che agiscano come inibitori e quindi potenziali farmaci”, spiega Ciurli. “Il gruppo ha anche sviluppato nuovi saggi enzimatici utilizzando tecniche calorimetriche, più rapide e accurate, e questi risultati saranno pubblicati a breve”.