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All’Ospedale di Cremona, la chirurgia transulcale si fa anche su paziente sveglio. L’équipe della Neurochirurgia di Cremona diretta da Antonio Fioravanti è la prima in Europa a combinare queste due sofisticate tecniche operatorie, con ottimi risultati clinici e un migliore decorso postoperatorio. L’intervento è stato eseguito la scorsa settimana su un paziente di cinquant’anni proveniente dalla provincia di Milano.

«La combinazione di queste procedure è indicata per lesioni profonde e difficili da raggiungere, in cui la chirurgia tradizionale comporterebbe una maggiore sofferenza per il cervello», spiega Fioravanti. «Durante l’operazione, il paziente viene risvegliato e gli viene chiesto di rispondere a determinati stimoli, come muovere gli arti, parlare o disegnare. Ciò permette di preservare al meglio l’integrità e il funzionamento delle aree sensibili limitrofe e ridurre sensibilmente i rischi».

«Grazie all’innovazione tecnologica e allo sviluppo di tecniche avanzate – prosegue Fioravanti – la Neurochirurgia ha fatto grandi passi avanti nel trattamento dei tumori cerebrali. A Cremona, la chirurgia da sveglio e i nuovi strumenti a disposizione ci consentono di operare circa 120 tumori all’anno».

Alessandro è il primo paziente sottoposto all’intervento combinato, per l’asportazione di una massa tumorale situata nell’area che controlla il movimento. A pochi giorni dall’operazione, ricorda con chiarezza tutte le tappe di questo percorso straordinario: «Quando sono stato svegliato in sala operatoria, sapevo per filo e per segno come mi sarei dovuto comportare. Un intervento alla testa spaventa sempre: far sentire tranquillo un paziente non è scontato. Ho trovato grandi persone e grandi professionisti, che mi hanno accompagnato dall’inizio alla fine».

L’operazione è stata eseguita dai neurochirurghi Antonio Fioravanti e Carmine Donofrio, dall’anestesista Elena Grappa e dalla neuropsicologa Sara Subacchi, assistiti dalle infermiere Marina Cusumano, Sara Errico, Alessandra Blanco e Silvia Mazzoni coordinate da Carla Garello e Giuseppina Geroldi.

Il lavoro d’équipe è un elemento fondamentale, dalla valutazione multidisciplinare alla gestione di ogni fase del percorso che il paziente dovrà affrontare. «Ciò è possibile grazie alla collaborazione tra neurochirurghi, neuropsicologi, neuroradiologi, neuroanestesisti e neurofisiopatologi, sempre affiancati dal personale di sala operatoria», conclude Fioravanti.

La chirurgia transulcale sfrutta la presenza dei solchi cerebrali per preservare i fasci di materia bianca, responsabili di funzioni importanti come il movimento o il linguaggio. Per farlo, viene utilizzato un apposito strumento, che inserito nel solco cerebrale consente di raggiungere la lesione per intervenire in modo preciso e mirato.

Tutto ciò è possibile grazie alla neuronavigazione, che consiste nella mappatura tridimensionale della lesione e delle aree limitrofe. La pianificazione effettuata prima dell’intervento permette di definire la traiettoria migliore per raggiungere il tumore preservando al massimo l’organo.

Oltre ad essere mininvasiva rispetto alla tradizionale “open surgery”, consente di ridurre la durata dell’intervento, le complicanze operatorie e postoperatorie e i tempi di recupero: il paziente potrà essere dimesso in pochi giorni e riacquistare in breve una buona qualità di vita.

Già in uso da anni all’Ospedale di Cremona, la chirurgia da sveglio (awake surgery) esige una preparazione particolare, che inizia prima dell’intervento. Oltre alla valutazione clinica e neurologica, il paziente viene informato di come si svolgerà l’intervento e di ciò che gli sarà chiesto di fare una volta sveglio. «In questo caso, la lesione interessava l’area cerebrale responsabile del movimento – spiega Sara Subacchi, neuropsicologa dell’Asst di Cremona – per questo motivo, durante l’intervento abbiamo monitorato il movimento della mano e della gamba: abbiamo svegliato il paziente e gli abbiamo chiesto di eseguire una sequenza di gesti e movimenti, per verificare che non ci fossero deficit nella risposta, quindi che fosse preservata l’integrità delle aree interessate».

Fondamentale la collaborazione degli anestesisti, a partire dalla fase preoperatoria: «È importante conoscere il paziente e metterlo a proprio agio – afferma Elena Grappa, responsabile della neuroanestesia – Una volta in sala operatoria, sarà risvegliato solo nella fase in cui sarà necessaria la sua collaborazione, modulando l’anestesia in modo da permettergli di rimanere vigile e tranquillo per il tempo necessario a concludere la fase più delicata».

«Li ringrazierò per sempre, perché mi hanno regalato una gioia». Con queste parole, Alessandro si rivolge agli specialisti che l’hanno assistito in questo breve ma intenso percorso. A sei giorni dall’intervento, sta bene e può tornare a casa. Dopo la riabilitazione, potrà riprendere in mano la propria vita. «Voglio rimettermi in forze al più presto – afferma – Il prossimo progetto è attraversare tutta l’Italia e visitare i luoghi più suggestivi». Sarà «un viaggio senza tempo», per recuperare quello sospeso.