Nel corso di un intervento per trapianto di fegato, può rendersi necessario ricorrere a trasfusioni di sangue. Ma studi pubblicati in letteratura suggeriscono che le trasfusioni aumentano la morbilità e la mortalità post-trapianto e possono associarsi a una ridotta sopravvivenza dell’organo trapiantato. Per questo si cerca di prevenire e di ridurre al minimo l’impiego di trasfusioni in questo contesto, andando a correggere un’eventuale anemia o una piastrinopenia o un problema di coagulazione prima dell’intervento stesso e cercando di minimizzare la perdita di sangue durante l’intervento. Ma da qualche mese, gli ematologi trasfusionisti della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, stanno sperimentando anche una terza via: quella di utilizzare per il trapianto non solo il fegato, ma anche il sangue del donatore. Con questo sistema innovativo è infatti possibile recuperare dal donatore 3 unità di sangue da trasfondere al ricevente, se necessario. Si tratta del primo approccio di questo tipo tentato in Europa, dopo una analoga esperienza pubblicata da un gruppo di ricercatori australiani sulla rivista Transplant. Lo studio pilota BLEED avviato dagli ematologi dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS coinvolgerà in tutto 25 pazienti, che ricevono un trapianto di fegato da donatore interno al Gemelli.

“Oltre a ridurre la esposizione del ricevente a eventuali trasfusioni e limitare il fabbisogno di unità di emazie – afferma la professoressa Luciana Teofili (nella foto), Direttore Servizio di Emotrasfusione dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di ematologia, Università Cattolica – effetto comunque vantaggioso soprattutto nei periodi di carenza di sangue, alcuni studi suggeriscono che trasfondere sangue recuperato dallo stesso donatore dell’organo trapiantato, possa contribuire all’induzione di un’immunotolleranza nel ricevente, favorendo l’attecchimento ed evitando il rigetto dell’organo trapiantato. Non ci sono dati certi a supporto dell’ipotesi che trasfondere il sangue del donatore dell’organo possa rendere il ricevente più tollerante all’organo trapiantato, ma si tratta di un meccanismo biologico che merita di essere esplorato più a fondo.”

Lo studio BLEED nasce dalla collaborazione di numerosi specialisti del Gemelli: dal team del trapianto di fegato, agli anestesisti, ai perfusionisti, che effettuano il recupero del sangue durante il prelievo d’organo, agli ematologi trasfusionisti guidati dalla professoressa Luciana Teofili.

Lo studio pilota “Blood Salvage From Liver Donors. A Feasibility Pilot Study (BLEED study)”, valuterà nei prossimi mesi la fattibilità della procedura di recupero del sangue da donatore e l’utilizzo delle emazie concentrate per coprire il fabbisogno trasfusionale intraoperatorio del trapianto.

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