Sono oltre un milione i datori di lavoro domestico che stanno affrontare gli aumenti legati al lavoro domestico. Infatti, dal 1° gennaio 2023 l’aggiornamento delle retribuzioni minime in base alla variazione dell’indice Istat dei prezzi al consumo, ha portato a far crescere le retribuzioni del lavoro domestico. Il rischio è che il lavoro domestico diventi un costo eccessivo per le famiglie, alimentando quindi il lavoro informale. Per questo sono necessari incentivi fiscali che rendano più conveniente il lavoro regolare.

A partire da questa constatazione, l’Osservatorio DOMINA ha analizzato l’impatto dell’assistenza familiare (badanti) sul bilancio familiare di un pensionato o, più in generale, di una famiglia italiana. Se pensiamo che la maggior parte dei datori di lavoro domestico ha almeno 60 anni, si può facilmente intuire che la principale fonte di reddito sia la pensione.

In Italia, un anziano che ha bisogno di un aiuto per le difficoltà crescenti dovute all’età dispone solo delle sue risorse personali, o al massimo dell’indennità di accompagnamento. Se il costo per l’assistenza supera la disponibilità finanziaria, è necessario fare ricorso ai risparmi o alle risorse dei familiari.

I costi annui per il lavoratore domestico variano da 2 mila euro a oltre 16 mila per una assistenza di 54 ore con convivenza. Si registrano aumenti di oltre 8% in tutte le categorie, che pesano notevolmente in caso di assunzione di lavoratori per molte ore a settimane. Una famiglia che assume una badante convivente non formata si troverà a pagare 1.377 euro più all’anno, mentre se è formata quasi duemila ero in più. Aumenti importanti che rendono difficile il sostentamento della spesa per l’assistenza con la sola pensione. 

Analizzando i redditi netti dei soggetti con reddito prevalente da pensione ed i consumi medi che emergono dall’Indagine ISTAT, il margine di risparmio dei pensionati da destinare ad un aiuto è molto ridotto. La maggior parte dei pensionati si può permettere un piccolo aiuto di 5 ore a settimana, anche dopo i nuovi aumenti. Ma se si ha bisogno di un lavoratore per più ore la percentuale di pensionati che se lo può permettere si riduce nel 2023 al 7,5% ed al 9,2% (54 ore).

Se subentra la non autosufficienza della persona assistita, il bisogno di assistenza cresce e di conseguenza anche il costo economico. In tal caso sono ben pochi gli anziani che con la sola pensione riescono a far fronte a questa necessità.

Abbiamo esaminato altri quattro casi di assistenza giornaliera: senza convivenza, per un orario settimanale di 40 ore, e con convivenza, per un orario settimanale di 54 ore, per due tipologie di lavoratore: “CS” e “DS”.

Nel caso di assistenza a persone non autosufficienti la situazione precipita; per far sì che un numero maggiore di pensionati possa permettersi l’assistenza, è necessario ricorrere all’assunzione di lavoratori non formati. In questo caso la percentuale di pensionati che possono permettersi un’assistenza a persona non autosufficiente oscilla tra il 5,5% e il 7,6%. Nel caso di personale preparato la percentuale si abbassa al 4%, infatti solo questa piccola percentuale di pensionati percepisce una pensione adeguata al costo da sostenere.

Commenta Lorenzo Gasparrini, Segretario Generale DOMINA “Il costo di una assistenza prolungata può essere molto oneroso: è necessario dare nuovi incentivi fiscali alle famiglie in modo che riescano a far fronte in modo regolare alle problematiche legate alla non autosufficienza. Il rischio, visti gli aumenti retributivi dovuti all’incremento del costo della vita, è che le famiglie preferiscano la via dell’informalità, con i rischi connessi sia per il lavoratore che per la famiglia stessa.”.