Un nuovo studio dell’IRCCS Policlinico San Donato ha identificato autoanticorpi nel sangue di pazienti affetti da Sindrome di Brugada, una malattia genetica che causa un aumentato rischio di aritmie ventricolari maligne e di fibrillazione ventricolare, con conseguente sincope e morte improvvisa.

La malattia, diversamente da quanto si credeva, può essere quindi causata non solo da fattori genetici ma anche da un’attività autoimmune.

Questa scoperta consentirà di sviluppare un test per la diagnosi precoce attuabile attraverso un semplice esame del sangue. L’obiettivo è quello di ampliare, in futuro, la platea per gli screening di prevenzione.

Nel mondo si verificano, ogni anno, circa 20 milioni di morti improvvise e si stima che, almeno nel 25% dei casi, potrebbero essere correlate a questa patologia.

Il gruppo di ricerca clinica e molecolare dell’IRCCS Policlinico San Donato, guidato dal professor Carlo Pappone, Responsabile dell’Unità Operativa di Aritmologia Clinica e del Laboratorio di Elettrofisiologia all’IRCCS Policlinico San Donato e ordinario di Cardiologia all’Università Vita-Salute San Raffaele, e dal professor Luigi Anastasia, ordinario di Biochimica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, e coadiuvati dai primi autori dell’articolo pubblicato su EHJ, hanno riportato la scoperta di autoanticorpi nel sangue dei pazienti affetti da Sindrome di Brugada. 

Gli autoanticorpi sono anticorpi prodotti dal sistema immunitario che erroneamente attaccano e danneggiano i tessuti e le cellule del proprio corpo invece di proteggere contro agenti esterni come batteri e virus.

Normalmente, gli anticorpi sono una parte cruciale del sistema immunitario, mirati a identificare e neutralizzare sostanze estranee. Tuttavia, in alcune condizioni autoimmuni, il sistema immunitario perde la capacità di distinguere tra cellule proprie e estranee, producendo autoanticorpi che contribuiscono allo sviluppo di malattie autoimmuni.

Questa scoperta vede gli autoanticorpi venire inopportunamente prodotti dal paziente e bloccare il funzionamento dei canali responsabili di funzioni vitali per la cellula, in particolare di quelli per il ritmo cardiaco. Sono state rilevate infatti elevate quantità di autoanticorpi nei pazienti con forme gravi di questa malattia. 

Questa nozione acquisita sugli autoanticorpi modifica radicalmente la comprensione di questa patologia, un tempo considerata unicamente su base genetica. Il 25% dei pazienti, infatti, presentano una anomalia nel DNA e, da molti anni, i ricercatori di tutto il mondo hanno indagato sui possibili meccanismi della malattia quando il DNA risultava sano. 

La scoperta di oggi, mette a tacere ipotesi e speculazioni consentendo di poter affermare che la Sindrome di Brugada può avere una base genetica ma anche autoimmune.

“Molti dei pazienti muoiono prima che venga fatta la diagnosi. Infatti, spesso l’elettrocardiogramma risulta normale e non ci sono sintomi premonitori. La morte improvvisa può essere, la prima manifestazione clinica. Oggi, dopo anni di ricerca, abbiamo scoperto nuovi meccanismi responsabili di aritmie pericolose per la vita o addirittura mortaliper i pazienti con sindrome di Brugada. Malattia che fino a ieri si pensava avesse solo base genetica.”, afferma il professor Carlo Pappone. 

Oggi la diagnosi si basa su elettrocardiogramma, studio elettrofisiologico e genetica, esami che richiedono tempo, alcuni anche con costi elevati, e che necessitano, in ogni caso, di ricovero in ospedale. 

Ricercare gli anticorpi nel sangue con un semplice test diagnostico invece, costerebbe pochissimo e darebbe risposte immediate. Con la scoperta degli autoanticorpi sarà possibile sviluppare un test per una diagnosi precoce, con un semplice esame del sangue per tutti i pazienti sospetti o a rischio, con l’obiettivo, un giorno, di ampliare la platea dello screening a tutti i bambini in età scolare.

Le uniche terapie per i pazienti con Sindrome di Brugada sono l’uso di un farmaco chiamato chinidina, con notevoli effetti collaterali e non sempre efficace, e l’impianto di un defibrillatore per tutta la vita, con rischio di malfunzionamento o infezione.

Nel 2014, sempre all’IRCCS Policlinico San Donato, è stata messa a punto l’ablzione del tessuto di cellule di Brugada malfunzionanti. Tale tecnica ha percentuali di successo altissime, ma si esegue in pochissimi centri al mondo e richiede competenze, organizzazione, tecnologia ed esperienza.