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Indaga un campo ancora molto sconosciuto il recente articolo “Systemic Oxidative Stress in Subacute Stroke Patients Undergoing Rehabilitation Treatment”. pubblicato sulla prestigiosa rivista “Antioxidants” che analizza i livelli di stress ossidativo in pazienti post-ictus prima e dopo un trattamento riabilitativo di sei settimane. Lo studio, condotto da diversi clinici e ricercatori della Fondazione Don Gnocchi è parte di un progetto di ricerca più ampio denominato “Nutristroke” che si è concluso di recente e che ha coinvolto 109 pazienti ricoverati nelle due strutture.
La ricerca prevedeva il monitoraggio dei pazienti nel tempo attraverso l’analisi di scale di valutazione legate al recupero funzionale, insieme all’analisi di campioni ematici, con l’obiettivo di indagare la relazione tra stato ossidativo e i risultati della riabilitazione.

Lo stress ossidativo è l’insieme delle alterazioni che si producono nei tessuti e nelle cellule in presenza di un eccesso di agenti ossidanti, detti “radicali liberi”. Il nostro corpo è soggetto continuamente all’azione dei radicali liberi, molecole che generano reazioni chimiche a catena dannose per il DNA; sono inoltre responsabili dell’invecchiamento delle membrane cellulari e il tessuto cerebrale è particolarmente suscettibile alla loro azione.
Il nostro organismo è in grado di contrastarli attraverso l’azione di molecole antiossidanti, che ci permettono così, in condizioni normali, di mantenere un equilibrio detto REDOX. Tale equilibrio può però venire meno se i radicali liberi aumentano, sia a seguito all’assunzione di sostanze come il fumo, alti livelli di alcool o a contatto con agenti inquinanti, sia a causa di infiammazioni dovute a eventi patologici come l’ictus: a livello cerebrale, si verifica in questi casi una vera e propria “cascata” di radicali liberi, scatenata dall’infiammazione, che gli antiossidanti non sono in grado di contrastare.
La ricerca ha rivelato che, nel momento del ricovero, la quasi la totalità dei pazienti aveva livelli elevati di radicali liberi, anche a distanza di settimane dall’evento acuto; inoltre, i livelli di antiossidanti totali, nel 54% dei pazienti erano sotto i livelli di normalità e insufficienti a fronteggiare l’alta concentrazione di radicali liberi.

“Quello che è emerso dopo il percorso riabilitativo – spiega Mariacristina Siotto, biochimica e responsabile del Laboratorio di Biomarcatori di Nutrizione e di Riabilitazione, del Centro “S. Maria della Provvidenza” di Roma – è che il livello dei radicali liberi tende comunque a diminuire, anche se i valori non rientrano ancora nella normalità e la riserva antiossidante non risulta sufficiente per contrastarli. Il dato più significativo è però che i pazienti che avevano raggiunto risultati migliori in riabilitazione avevano livelli di radicali liberi più bassi e di antiossidanti più alti. Questo risultato suggerisce che la riabilitazione è efficace non solo dal punto di vista del recupero funzionale, ma svolge anche un ruolo biologico, perché contribuisce all’azione antiossidante dell’organismo”.

Lo studio conferma insomma che una moderata attività fisica è fondamentale nel contrastare lo stress ossidativo.
«Questa ricerca – commenta Irene Aprile, direttrice del Dipartimento di Riabilitazione neuromotoria della Fondazione Don Gnocchi – rappresenta una nuova frontiera nelle indagini sui pazienti che stanno seguendo un percorso riabilitativo. Finora ci siamo spesso concentrati sugli aspetti motori, cognitivi o psicologici per valutare l’efficacia della riabilitazione, ma non ci eravamo mai spinti ad analizzare cosa succede a livello molecolare e biochimico e questo ci apre la strada a una medicina ancora più personalizzata. Ad esempio, abbiamo visto che a livello biochimico ci sono risposte diverse tra maschi e femmine, cosa che ad un’analisi neuromotoria non avevamo mai registrato: davvero qui si aprono ambiti di ricerca mai esplorati fino ad oggi».