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Sono 327 i prestigiosi finanziamenti ERC “Consolidator Grant” assegnati oggi dal Consiglio Europeo della Ricerca, per un valore complessivo di €655 milioni di euro. Tra i ricercatori che hanno ottenuto l’ambitissima borsa – selezionati attraverso un rigoroso processo competitivo lungo quasi un anno – c’è Raffaella Di Micco, group leader dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano, frutto della partnership tra Fondazione Telethon e IRCCS Ospedale San Raffaele.

Di Micco è uno dei ben 47 ricercatori italiani finanziati dall’ERC a questa tornata (la nazionalità più rappresentata, a dimostrazione dell’eccellenza dei nostri scienziati) nonostante sia solo una dei 17 ad aver ricevuto il finanziamento lavorando in un istituto di ricerca italiano, addirittura solo 4 nell’area delle scienze della vita.

Grazie a questo finanziamento, che arriva a pochi mesi di distanza da quello della New York Stem Cell Foundation del valore di 1,5 milioni di dollari, Di Micco potrà studiare come le cellule staminali del sangue reagiscono alle tecniche di manipolazione utilizzate in terapia genica, concentrandosi in particolare sull’invecchiamento precoce che potrebbe contribuire a diminuire la funzionalità delle cellule ingegnerizzate dopo il trattamento.

L’obiettivo finale è migliorare l’efficacia e la sicurezza a lungo termine della terapia genica, rendendola disponibile per sempre più patologie. Le scoperte fatte in questo campo di ricerca potranno inoltre gettare nuova luce sui fisiologici processi di invecchiamento delle cellule staminali del sangue.

Le cellule che compongono la maggior parte dei nostri tessuti invecchiano, muoiono e vengono sostituite più volte nel corso della nostra vita. Nel caso del sangue, il ciclo di vita di una cellula è in media di appena 4 mesi. Ma da dove arrivano le nuove cellule che prendono il posto di quelle vecchie? Dalle cellule staminali.

“Il problema è che anche le cellule staminali possono invecchiare e attivare un programma di senescenza cellulare,” spiega Raffaella di Micco. “A causa di questo processo, i nostri tessuti – come il sangue, di cui fa parte anche il sistema immunitario – non vengono più rigenerati con efficienza e perdono progressivamente funzione. Questa ridotta capacità rigenerativa delle cellule aumenta anche la probabilità che si accumulino mutazioni secondarie che potrebbero predisporre allo sviluppo di tumori”.

Di Micco ha dedicato la sua carriera a studiare come avviene e cosa regola questo processo di invecchiamento nelle cellule staminali: quali sono i fenomeni che accelerano l’orologio biologico e come possiamo al contrario rallentarne le lancette.

Da quando è rientrata in Italia, dopo cinque anni di ricerca alla New York University, la sua ricerca si è spostata allo studio dei processi di invecchiamento cellulare in un contesto molto speciale: quello della terapia genica a base di cellule staminali del sangue.

“Dal 2016 io e miei collaboratori ci poniamo una domanda fondamentale: cosa succede alle cellule staminali del sangue quando vengono ingegnerizzate, come avviene durante un trattamento di terapia genica? L’ipotesi è che questo processo, oltre a correggere il danno genetico per cui è stato concepito, metta inavvertitamente in moto altri meccanismi cellulari”.

Le cellule sottoposte ai protocolli di terapia genica vengono infatti sottoposte a una serie di condizioni anomale e stressanti: vengono coltivate in vitro, trattate con alte dosi di vettori virali e, nel caso dell’editing genomico, modificate attraverso tagli nella loro parte più delicata e protetta: il DNA.

“Le cellule sono macchine straordinariamente complesse, che monitorano costantemente sia la loro situazione interna che l’ambiente intorno a loro. A seconda dei segnali che ricevono da questo monitoraggio avviano dei programmi di risposta,” spiega la ricercatrice.

Secondo i primi risultati ottenuti dai ricercatori del gruppo di Micco, la manipolazione del DNA della cellula, anche se fatta con grande precisione e senza arrecare alcun danno, può mettere in allerta la cellula e spingerla ad attivare dei programmi che ne potrebbero accelerare l’invecchiamento: le cellule modificate, temendo di essere state danneggiate nel DNA, accendono la risposta al danno del DNA, un segnale di allarme che se prolungato riduce il loro potenziale replicativo, emulando ciò che succede normalmente alle cellule staminali quando si invecchia.

Questo invecchiamento precoce, oltre a ridurre l’efficacia della terapia genica potrebbe dare problemi con l’avanzare dell’età.

“Se vogliamo ridurre al minimo i possibili effetti collaterali a lungo termine della terapia genica e al tempo stesso rendere la terapia disponibile per un numero sempre maggiore di patologie, è fondamentale studiare i programmi di invecchiamento cellulare e sviluppare delle strategie per prevenirne l’attivazione,” conclude la ricercatrice. “È esattamente quello che faremo grazie al nostro finanziamento ERC”.

Classe 1980, dopo una laurea in Biotecnologie mediche presso l’Università Federico II di Napoli e un dottorato in Medicina molecolare conseguito all’IFOM di Milano nel 2008, Raffaella di Micco si sposta negli USA, dove fa ricerca per diversi anni presso la New York University.

Nel 2016 rientra in Italia grazie al sostegno di Fondazione Telethon e apre il suo laboratorio all’Istituto San Raffaele Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, dove la sua expertise sullo studio dei meccanismi di invecchiamento delle cellule staminali del sangue è di particolare valore: solo conoscendo questi i meccanismi è possibile ridurre al minimo la loro attivazione quando si manipolano le cellule staminali prelevate dai pazienti per correggerne il difetto genetico. Nel 2020 Raffaella è inoltre diventata un Robertson Investigator della New York Stem Cell Foundation americana.