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È stato pubblicato sulla rivista medica “Annals of Neurology” lo studio dal titolo “Olfactory neuron Prokineticin-2 as a potential target in Parkinson’s disease”, frutto di una collaborazione tra l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università “La Sapienza” di Roma. Il lavoro, guidato dal dottor Tommaso Schirinzi e dal professor Nicola Biagio Mercuri dell’Unità di Neurologia e del Dipartimento di Medicina dei Sistemi di “Tor Vergata”, ha lo scopo di individuare nuove vie molecolari coinvolte nella malattia di Parkinson, per studiare i meccanismi della malattia direttamente sul paziente sfruttando tessuti facilmente accessibili in modo non invasivo.  

In particolare, sono stati utilizzati i neuroni olfattori, presenti nella mucosa olfattoria del naso e destinati a recepire gli odori, prelevati in modo non invasivo mediante “brushing” (spazzolamento). Il sistema olfattivo è infatti una parte del sistema nervoso colpita precocemente da neurodegenerazione nel corso della malattia di Parkinson, e quindi ideale per analizzare gli eventi molecolari delle prime fasi della malattia.  

Sono stati coinvolti trentuno donatori sani e trentotto persone con la malattia di Parkinson afferenti al Centro Parkinson dell’Unità di Neurologia del Policlinico Tor Vergata diretto dal professor Alessandro Stefani. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a prelievo dei neuroni olfattori mediante “brushing” presso l’Unità di Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata a opera del professor Stefano Di Girolamo e del Dottor Francesco Maria Passali. I neuroni sono stati poi analizzati nei laboratori del CNR e del Dipartimento di Farmacologia dell’Università “La Sapienza” di Roma.  

È stato osservato che nelle persone con malattia di Parkison i neuroni olfattori esprimevano una maggiore quantità di Prokineticina-2, una proteina che alcuni studi avevano indicato come mediatore di difesa neuronale delle fasi iniziali della neurodegenerazione. Inoltre, l’espressione di Prokineticina-2 era maggiore e proporzionale ai disturbi motori nei pazienti di nuova diagnosi rispetto a quelli in fase più avanzata.  

Lo studio ha quindi dimostrato che nei neuroni olfattori delle persone affette da Parkinson la Prokineticina-2 è attivata, perlopiù nelle fasi iniziali caratterizzate da maggiore severità clinica. Tale attivazione ha probabilmente un ruolo di difesa rispetto alla neurodegenerazione.  

Emerge così un nuovo target molecolare per la malattia di Parkinson, utile sia nello sviluppo di terapie che come biomarcatore specifico delle fasi precoci della malattia. Si è inoltre evidenziato come i neuroni olfattori possano rappresentare un tessuto ideale per gli studi di traslazione, orientati a esaminare i processi biologici della malattia di Parkinson e a individuare nuove molecole con potenziale ricaduta clinica, aprendo a possibilità di studi sempre più precisi.  

“Questo studio ha unito competenze e metodiche differenti permettendoci di confermare l’importanza che Prokineticina-2, un mediatore dell’infiammazione, può avere nella Malattia di Parkinson, soprattutto nelle sue fasi iniziali” ha commentato il dottor Schirinzi. “In futuro bisognerà capire come utilizzare questa evidenza per migliorare la gestione e la cura delle persone affette”. 

Le terapie attualmente disponibili sono di tipo sintomatico, quindi, pur consentendo di migliorare i disturbi clinici, non agiscono sui meccanismi della malattia. La possibilità di trovare una cura definitiva dipende da una più profonda comprensione delle dinamiche molecolari della malattia, e in particolare delle sue fasi più precoci, quando i fenomeni patologici sono più contenuti e più facilmente aggredibili dalle terapie.