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Una nuova metodologia per il “neurofeedback”, cioè l’intervento non invasivo a livello neurocognitivo per ottenere migliori risultati mnemonici: integrando le interfacce cervello-computer con la realtà virtuale, l’ha messa a punto l’AVR Lab dell’Università del Salento, il Laboratorio di Realtà virtuale e aumentata diretto dal professor Lucio Tommaso De Paolis, che ha portato avanti il progetto assieme al professor Sergi Bermúdez i Badia del Madeira Interactive technology institute dell’Università di Madeira. È stata Floriana Accoto, poi laureatasi in Computer engineering, a seguire la sperimentazione nel corso di alcuni mesi trascorsi a Madeira per la stesura della sua tesi di laurea: il risultato è il capitolo “The effect of neurofeedback training in CAVE-VR for enhancing working memory” del libro “Technology-Augmented perception and cognition” edito da Springer.

«Abbiamo lavorato a una piattaforma che integra un’esperienza immersiva, in un “CAVE per VR”, una stanza per la realtà virtuale, con l’utilizzo di una Brain-Computer Interface», spiega De Paolis, «L’obiettivo è stato verificare l’efficacia del neurofeedback nel migliorare le performance della memoria di lavoro e per imparare a controllare la propria attività cerebrale. Utilizzando il segnale elettroencefalografico acquisito, è possibile interagire con l’ambiente virtuale: per esempio sollevare oggetti virtuali e cambiare luminosità e colore di una lampada virtuale. Sempre più ricerche dimostrano l’effetto positivo dell’uso della realtà virtuale nel “neurofeedback training”, perché la sensazione di presenza e immersione in ambienti virtuali mette in evidenza il controllo dei segnali cerebrali. Nella progettazione di uno scenario virtuale immersivo ci sono diversi fattori che possono influenzare il livello di immersione e, a oggi, non vi è chiarezza su quali di questi fattori contribuiscano al miglioramento delle prestazioni del neurofeedback. La ricerca, che ha coinvolto 21 partecipanti divisi in tre gruppi sperimentali, ha mirato a studiare l’effetto di uno di questi fattori, ossia la vividezza dell’ambiente virtuale. I risultati dimostrano che un feedback in un ambiente CAVE-VR molto vivido è correlato all’aumento delle prestazioni del “neurofeedback training”, migliorando le prestazioni della memoria di lavoro».

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