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E’ nata a 36.4 settimane e sta bene la bimba operata in utero a sole 25 settimane di gestazione perché affetta da spina bifida. Il complesso intervento chirurgico è stato eseguito con successo dalla equipe multidisciplinare composta da ginecologi ostetrici, neonatologi, anestesisti e neurochirurghi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

La diagnosi ecografica è stata eseguita al 5o mese di gravidanza e confermata mediante risonanza magnetica fetale: mielomeningocele lombosacrale di circa 2 cm con ventricolomegalia cerebrale e dislocamento verso il basso del cervelletto. Il mielomeningocele è uno dei difetti più comuni del Sistema Nervoso Centrale, può causare gravi disabilità permanenti, quali difficoltà motorie, paraplegia, idrocefalo, dislocazione verso il basso di cervelletto e tronco encefalico, disfunzione della vescica e dell’intestino, deformità ossee, possibili ritardi cognitivi e disfunzioni sessuali. I deficit neurologici sono causati dal danno anatomico proprio del difetto e dall’esposizione prolungata delle strutture nervose al liquido amniotico, motivo per cui la riparazione prenatale in utero migliora la salute del prodotto del concepimento correggendo chirurgicamente l’anomalia e contrastando il progressivo peggioramento durante la vita intrauterina. “In genere questa grave forma di spina bifida viene operata nei primi giorni di vita – spiega il professor Marco De Santis, Associato di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica, responsabile della UOS Prevenzione, Diagnosi e Terapia dei Difetti Congeniti, afferente alla UOC di Ostetricia e Patologia ostetrica diretta dal professor Antonio Lanzone, Ordinario di Ginecologia e Ostetricia all’Università Cattolica, campus di Roma -, ma trattarlo in utero previene dei danni ulteriori che nel corso della vita prenatale si possono avere sulle strutture nervose, soprattutto sul cervelletto. Fare l’intervento in utero è sicuramente un modo per ridurre alcune di queste disabilità. Studi randomizzati – conclude il professor De Santis – hanno dimostrato che operare prima della nascita garantisce risultati migliori che intervenire successivamente”.

Il delicato intervento chirurgico sul feto in open surgery (a cielo aperto) è stato eseguito con apertura della parete addominale materna, incisione e apertura della parete uterina, esteriorizzazione del feto nella parte da operare, correzione neurochirurgica della spina bifida e successivo riposizionamento del feto e chiusura di utero e parete addominale.

Il successivo decorso della gravidanza è stato privo di complicanze sia per la madre che per il nascituro e il taglio cesareo è stato eseguito a oltre 36 settimane di gestazione. Questo è il secondo caso di intervento in utero su un bimbo affetto da spina bifida al Policlinico Gemelli, il primo risale ad agosto 2020.

L’equipe multidisciplinare del Policlinico Gemelli si conferma come centro di riferimento nazionale per questo trattamento prenatale in open surgery.

L’ottima riuscita dell’intervento è stato il risultato del lavoro di un team specialistico. Dell’equipe ostetrica, coordinata dal professor De Santis, hanno fatto parte: professoressa Lucia Masini, dottoressa Daniela Visconti, dottoressa Francesca Turchiano, ostetrica strumentista Agresta Francesca. La delicata anestesia è stata affidata agli anestesisti Stefano Catarci e Nicoletta Filetici. L’equipe neonatologica è stata diretta dal professor Giovanni Vento. L’intervento neurochirurgico è stato eseguito dai professori Gianpiero Tamburrini, Luca Massimi e dal dottor Bianchi Federico.

Ora Marta è nelle mani esperte dell’UOSD di Spina bifida e Uropatie malformative del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, qualificato centro per il trattamento di questa patologia, diretta dalla professoressa Claudia Rendeli, ricercatrice in pediatria generale e specialistica all’Università Cattolica, campus di Roma, dove vengono seguiti nel tempo bimbi con difetto di chiusura del tubo neurale dalla diagnosi al trattamento pre e postnatale.