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parto6preview“Dal primo giorno di gravidanza la donna entra in una fase a rischio. Il parto, in particolare, rappresenta da sempre un momento delicato che comporta la possibilità di eventi avversi per la mamma e il figlio. Il nostro obiettivo è ridurre al minimo queste eventualità”. La professoressa Irene Cetin, direttore dell’Unità operativa complessa di Ostetricia e Ginecologia all’Ospedale Sacco di
Milano, è da tempo interessata alle tematiche legate alle criticità che possono insorgere al momento del parto. Oggi nell’Aula Magna dell’Ospedale Sacco si è tenuto il Corso di aggiornamento sul Monitoraggio del rischio in sala parto: il progetto Remine che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del direttore generale della Sanità in Regione Lombardia Carlo Lucchina e del direttore generale
dell’Ospedale Sacco Alberto Scanni.

Negli ultimi mesi diversi ospedali in tutta Italia sono stati al centro dell’attenzione dei media per gravi situazioni di difficoltà che si sono create nel momento del parto e che hanno condotto a conseguenze irreversibili per la madre o il neonato.
Grazie al supporto degli specialisti del Politecnico di Milano e dei Sistemi informativi del Sacco, la professoressa Cetin e la sua equipe due anni fa hanno iniziato a implementare un software che permettesse di monitorare il rischio in sala parto, aiutando a identificare eventuali campanelli d’allarme nel corso del travaglio. Da due mesi è iniziata la fase sperimentale di questo programma che si inserisce nel Progetto Remine co-finanziato dalla Commissione europea e che si avvale del supporto della Regione Lombardia.
“Il rischio è una realtà con cui si deve sempre fare i conti – spiega la professoressa Cetin – . Riuscire a monitorarlo è fondamentale nella nostra attività. Una quota di eventi avversi in sala parto sarà sempre inevitabile perché non legata esclusivamente a errori umani. Il software serve a razionalizzare il monitoraggio di tutti gli elementi coinvolti nel delicato momento della nascita di un
bambino segnalando situazioni anomale sulle quali è possibile intervenire”.
Nei primi due mesi di test il software è stato utilizzato su pazienti a basso rischio. “Anche perché – evidenzia la professoressa – sulle situazioni ad alto rischio un monitoraggio sistematico avviene di prassi”.
In questa fase il software non è ancora usato per prendere decisioni cliniche, ma solo per studiarne il funzionamento, individuarne il grado di attendibilità e i possibili miglioramenti. Finora sono stati circa 100 i parti effettuati con l’ausilio del programma.
“Stiamo cercando di capire come può essere valorizzato al meglio questo strumento e quali applicazioni potrebbe avere in futuro – prosegue la professoressa Cetin –. Un esempio del suo utilizzo allo stato attuale? Se dovesse verificarsi un ritardo nell’esecuzione di un monitoraggio fetale, il software invierebbe un alert che permetterebbe di intervenire immediatamente e in seguito individuare le cause”.
“Siamo l’unico ospedale che segue questo progetto in Lombardia – spiega il direttore generale del Sacco Alberto Scanni –. È una dimostrazione di quanto siano decisivi per noi il benessere e la sicurezza delle persone che ospitiamo nei nostri reparti. Possiamo vantare una squadra di specialisti nel Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia di altissimo valore che ha tuttavia deciso di impegnarsi
ulteriormente per garantire un servizio su cui non gravi altro rischio che quello fisiologico insito in ogni intervento. Tengo a sottolineare un dato: l’anno scorso ci sono stati 1.211 parti al Sacco (1.250 nati) con un aumento del 7% rispetto al 2008 e del 10% rispetto al 2007. Siamo in positiva controtendenza rispetto agli altri ospedali. Sempre più persone decidono di affidarsi a noi per
partorire”.
Tra l’altro – aggiunge il direttore generale – “siamo uno degli ospedali nel quale possono partorire donne sieropositive, sono state 40 l’anno scorso”. Per le pazienti malate di Aids – aggiunge la professoressa Cetin – “si ricorre sempre al cesareo per evitare la trasmissione al bambino; questa soluzione è troppo spesso adottata anche in situazioni che non presentano alcuna criticità all’unico
fine di ridurre i rischi. Gli studi dimostrano però che negli ultimi dieci anni il ricorso ai cesarei non ha ridotto l’indice di mortalità e, oltretutto, ha aumentato la percentuale di eventi avversi nei parti successivi. Il rischio va gestito, non nascosto”.
La percentuale dei parti cesarei all’Ospedale Sacco è stata pari al 35% nel 2009 con una riduzione del 4% rispetto al 2008 e del 7% rispetto al 2007. Di questa percentuale – conclude la professoressa – “soltanto l’8,5% è stato deciso in sala parto, gli altri sono stati tutti cesarei elettivi, ovvero decisi anticipatamente a causa del quadro clinico non ottimale delle partorienti”.