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Quando si verifica un infarto del miocardio circa un miliardo di cardiomiociti, le cellule preposte alla generazione e alla trasmissione dello stimolo contrattile che regola la frequenza cardiaca, muore nell’arco di poche ore. Il tessuto muscolare striato di cui è naturalmente composto il cuore, infatti, a seguito dell’infarto si trasforma in un tessuto fibroso, più rigido di quello cardiaco e privo di cardiomiociti capaci di contrarsi.
Per trovare una soluzione a questa problematica, che è una delle conseguenze più serie per chi sopravvive all’infarto e in molti casi può essere risolta solo con un trapianto di cuore, una prospettiva innovativa arriva dal progetto europeo BIORECAR-Direct cell reprogramming therapy in myocardial regeneration through an engineered multifunctional platform integrating biochemical instructive cues, che propone una strategia di medicina rigenerativa per ripristinare nei tessuti cardiaci fibrotici la normale funzione contrattile attraverso quella che viene definita come riprogrammazione cellulare diretta, stimolata dall’iniezione di biomateriali in grado di rilasciare specifici fattori. BIORECAR, coordinato dalla professoressa Valeria Chiono del Politecnico di Torino, è infatti l’ultimo progetto finanziato all’Ateneo con 2 milioni di euro in cinque anni dallo European Research Council: un progetto che esemplifica bene come le discipline tecnologiche possano trovare applicazioni sempre più diffuse nella medicina e nelle scienze della salute.
Valeria Chiono (nella foto) spiega quale è stata l’ispirazione del progetto e quali obiettivi si prefigge: “Nonostante il progressivo grado di avanzamento nella progettazione di scaffold sempre più performanti, Il successo di tali approcci è fortemente limitato dalla scarsa capacità rigenerativa del tessuto miocardico post-infartuale. Parallelamente, a partire dal 2010, sono stati pubblicati in letteratura i primi risultati sulla riprogrammazione diretta dei fibroblasti cardiaci in cardiomiociti. Benché la ricerca nel campo stia ancora muovendo i suoi primi passi e il grado di riprogrammazione cellulare e di maturazione delle cellule riprogrammate siano ancora limitati per un’applicazione clinica, questo approccio ha le potenzialità per rivoluzionare la medicina rigenerativa cardiaca. BIORECAR è nato dall’idea di combinare la mia esperienza nel campo della progettazione di scaffold polimerici “biomimetici” e sistemi di rilascio di farmaco, con il nuovo approccio di riprogrammazione cellulare diretta, con l’obiettivo di renderla più efficiente e di ottenere cardiomiociti maturi e funzionali. Il finanziamento ottenuto mi permetterà di coordinare un team di ricerca multidisciplinare per la progettazione di biomateriali che aiutino a riprogrammare la cicatrice fibrotica post-infartuale in un tessuto funzionale. Le conoscenze acquisite permetteranno di porre le basi per un nuovo possibile trattamento per la disfunzione cardiaca sia post-ischemica, sia causata da altre patologie o da interventi chirurgici”.
L’approccio scelto dal progetto BIORECAR è quello della riprogrammazione cellulare diretta, che integra nanomedicina, scienza dei biomateriali e ingegneria dei tessuti. Il progetto prevede il design di nanoparticelle polimeriche innovative, concepite con lo scopo di riprogrammare specificatamente le cellule presenti nella cicatrice post-infartuale cambiando l’espressione genica della cellula, che a quel punto sarà “riprogrammata” e trasformata in una cellula di tessuto cardiaco sano. Le nanoparticelle saranno somministrate direttamente nel tessuto infartuato attraverso un idrogel iniettabile dotato di ulteriori funzionalità per promuovere la conversione dei fibroblasti in cardiomiociti funzionali.
L’approccio, che attualmente è studiato principalmente negli Stati Uniti, verrà validato per la prima volta in Europa attraverso un modello in vitro di tessuto cardiaco fibrotico umano, quindi verrà sperimentato su un modello in vivo.
Il team di progetto include esperti biologi e biotecnologi afferenti ad altri enti, quali: Carla Divieto (INRIM, Torino), Elisa di Pasquale (Humanitas Clinical and Research Center, Milano), Franca di Meglio e Daria Nurzynska (Università di Napoli “Federico II”).