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Gli italiani sono una delle popolazioni europee che dichiara il miglior stato di salute fisica a quasi due anni dall’inizio della pandemia. Ben il 56% dei cittadini italiani, infatti, afferma che il proprio stato di salute fisica attuale è buono o molto buono. Solo il 45%, però, valuta allo stesso modo la propria salute mentale. I problemi psicologici vengono indicati come la principale conseguenza della pandemia.

Queste sono solo alcune delle conclusioni dell’“Indagine Merck: La percezione della salute degli Europei a due anni dall’inizio del Covid-19”, un’iniziativa di Merck, realizzata con il supporto tecnico di GAD3, che ha coinvolto 6.000 persone di età compresa tra 18 e 65 anni provenienti da dieci Paesi.

“Questa pandemia ha innescato la più grande crisi sanitaria, sociale ed economica in quasi un secolo e – con la speranza di avere superati i mesi più critici – in Merck volevamo conoscerne l’impatto sulla salute e sullo stile di vita degli europei”, afferma Marieta Jiménez, Senior Vice President di Merck in Europa. “Riteniamo che solo avvicinandoci e chiedendo alle persone cosa sentono, pensano e di cosa hanno bisogno, possiamo fornire risposte alle diverse sfide per la salute. Una società sana è la base per costruire una società più forte, più sicura e più prospera”, aggiunge.

L’indagine macro mostra che gli europei ritengono che la pandemia li abbia aiutati a parlare apertamente, all’interno del proprio ambiente personale e professionale, della loro salute fisica e mentale. Così è stato per più di 7 italiani su 10. Inoltre, il 35% degli italiani afferma di aver migliorato la convivenza familiare e quasi 3 su 10 che l’esperienza ha favorito nuove abitudini più salutari ed uno spirito di maggiore solidarietà.

Al contrario, gli italiani sottolineano il peso dei problemi emotivi derivanti dalla pandemia e l’impossibilità di gestire al meglio le responsabilità familiari e lavorative. I risultati mostrano che il 19% dei giovani italiani ha avuto bisogno di aiuto psicologico. Stress e ansia, soprattutto tra le donne di età compresa tra i 18 e i 29 anni, sono, insieme alla paura e all’incertezza, le conseguenze psicologiche che hanno avuto il maggiore impatto sugli italiani nell’ultimo anno. Infatti, il 36% ha sviluppato la paura del contatto fisico con altre persone.

La pandemia ha anche stimolato l’uso di nuove tecnologie per la salute. L’indagine Merck conclude che 7 europei su 10 affermano di sentirsi a proprio agio o sempre più a proprio agio con la telemedicina, sebbene la metà di loro preferisca ancora i consulti medici in presenza. Inoltre, 8 su 10 cercano su Internet informazioni riguardo a sintomi e malattie prima di fissare un appuntamento. Regno Unito, Italia e Polonia sono i più propensi a farlo: 1 italiano su 2 lo fa spesso o sempre.

Ma i risultati mostrano cambiamenti rispetto ad altre abitudini. Dopo il periodo più acuto della crisi sanitaria, 1 italiano su 3 afferma di aver ridotto la propria vita sociale, il 29% afferma di aver ridotto i rapporti sessuali e il 26% afferma di aver iniziato a seguire una dieta più sana.

Lo studio sonda anche l’opinione sul lavoro di diversi gruppi durante la pandemia e mette in evidenza il lavoro svolto dagli operatori sanitari, in particolare i farmacisti. Da notare che 6,5 italiani su 10 valutano il loro ruolo come buono o molto buono.

Alla domanda su cosa dovrebbe essere migliorato nel sistema sanitario, oltre il 60% degli italiani risponde che dovrebbero essere investite maggiori risorse nella medicina preventiva, seguita dalle cure primarie e dalla ricerca e sviluppo dei farmaci. Questi risultati sono in linea con un’altra risposta degna di nota: il 31% degli italiani teme un’eventuale mancanza di cure che potrebbe derivare da un altro possibile collasso sanitario.

L'”Indagine Merck: La percezione della salute degli europei nell’era post Covid” sottolinea anche che l’84% degli italiani pensa che la crisi sanitaria abbia influito sul normale decorso delle cure oncologiche. Il tumore è la patologia che genera maggiore paura, seguita da malattie neurodegenerative, come Alzheimer o Parkinson, e, appunto, il COVID-19.

Le conseguenze negative del Covid, però, non sembrano aver avuto troppa influenza sui progetti di maternità/paternità degli europei. Infatti, solo il 10% di loro ha ritardato i propri piani a causa della pandemia. In Italia questa percentuale è la più alta in Europa: 15%.

“Questa crisi sanitaria ha rappresentato un grande campanello d’allarme sulla necessità di dare priorità più che mai al valore della scienza e dei professionisti che lavorano al servizio della salute”, sottolinea Jan Kirsten, Managing Director & President, Healthcare, Merck Italia., “Le conclusioni di questa indagine fanno emergere che gli italiani, come il resto degli europei, sono più che mai consapevoli dell’importanza di avere un ecosistema sanitario solido, innovativo e pronto ad affrontare ogni possibile sfida, per quanto impegnativa possa essere”.