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Un gruppo di ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha identificato unaproteina coinvolta nei processi di stress ossidativo e infiammazione persistente alla base della degenerazione dei tessuti nelle distrofie muscolari, malattie genetiche con un andamento progressivo e potenzialmente invalidante.

Si tratta di HMGB1, una proteina chiave nel governare sia i processi infiammatori sia rigenerativi, fondamentali entrambi per la guarigione dei tessuti.

I risultati dello studio, coordinato dalla dottoressa Emilie Vénéreau, responsabile del laboratorio di Rigenerazione Tissutale e omeostasi e pubblicato sulla rivista “Science Translational Medicine”, hanno dimostrato in modelli sperimentali che la somministrazione di una versione modificata della proteina promuove la rigenerazione e migliora la funzione muscolare, oltre a ridurre l’infiammazione e la fibrosi.

La nuova proteina ingegnerizzata in laboratorio potrebbe quindi costituire in futuro una nuova strategia terapeutica per rallentare la progressione delle manifestazioni cliniche muscolari.

La ricerca è stata condotta con la collaborazione di altri gruppi di ricerca, tra cui quello guidato dal Dott. Stefano Previtali, responsabile del laboratorio di Riparazione Neuromuscolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, e quello diretto dalla Prof.ssa Graziella Messina dell’Università degli Studi di Milano.

Normalmente la proteina HMGB1 si trova nel nucleo delle cellule, ma in seguito a stress o a un danno tissutale può essere rilasciata all’esterno dove funziona come una sorta di allarme per richiamareil sistema immunitario nel sito danneggiato e scatenare unarisposta infiammatoria. Questa reazione è fondamentale per pulire il tessuto da eventuali agenti patogeni e da cellule morte.

A questa prima fase deve però seguire rapidamente una seconda fase di rigenerazione, in cui le cellule staminali ricostituiscono il tessuto.

Già nel 2018, i ricercatori del San Raffaele avevano dimostrato che HMGB1, a seconda dello stato in cui si trova, è in grado di influenzare la transizione fondamentale tra le due fasi: quando è in forma ossidata, la proteina promuove l’infiammazione;la sua forma ridotta funziona come segnale per l’avvio della riparazione tissutale. 

“Dall’analisi delle biopsie muscolari di pazienti e in modelli animali di distrofie muscolari abbiamo osservato alti livelli di HMGB1 in forma ossidata che aumentano l’infiammazione e contribuiscono alla degenerazione muscolare – spiega Giorgia Careccia, prima autrice dello studio -. Abbiamo così identificato nell’eccessiva presenza di questa forma della proteina un possibile bersaglio terapeutico per rallentare l’andamento della patologia”.

“Oggi molti dei trattamenti in fase di studio sono volti a neutralizzare del tutto l’attività della proteina, eliminandone in questo modo sia i suoi effetti pro-infiammatori che quelli rigenerativi – specifica  la Dr.ssa Venereau – . Noi abbiamo invece pensato di utilizzare la doppia natura di HMGB1 a nostro vantaggio:per sviluppare un nuovo possibile approccio terapeutico mirato a promuoverne la rigenerazione muscolare; per limitare l’infiammazione del microambiente muscolare”.

Per fare ciò, i ricercatori hanno somministrato ai modelli sperimentali dello studio una versione ingegnerizzata della proteina, precedentemente creata in laboratorio sempre al San Raffaele.

La versione modificata non può essere ossidata e promuove la rigenerazione muscolare in modelli sperimentali di distrofie muscolari agendo sulle cellule staminali muscolari e limitando la risposta infiammatoria e la fibrosi.

“3S-HMGB1 è potenzialmente un promettente farmaco candidato per il trattamento delle distrofie muscolari, anche se questa proteina ingegnerizzata è stata fino ad ora utilizzata solo in laboratorio. Saranno quindi necessari ulteriori studi preclinici per valutare sicurezza ed efficacia anche a lungo termine prima di poter sperare di passare all’uomo”, conclude la Dr.ssa Venereau.