Print Friendly, PDF & Email

Durante la prima ondata di diffusione del virus Covid 19 è emerso un legame diffuso fra l’infezione da parte del virus e l’aumento del numero dei pazienti colpiti da complicanze da Trombosi. In questa direzione si è mossa dunque l’analisi scientifica del prof. Sergio Coccheri, Socio fondatore di ALT –  Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus, clinico fra i più esperti del mondo nel campo della Trombosi, che ha esplorato la relazione fra infezione da COVID‑19 e il sistema della coagulazione del sangue.

“Capire i meccanismi che attivano il sistema della coagulazione del sangue è fondamentale per comprendere quale relazione pericolosa esista fra le infezioni e le malattie causate da Trombosi, venose o arteriose come Infarto del miocardio, Ictus cerebrale, Ischemia, Trombosi venose, Embolia polmonare” spiega il prof. Coccheri. “La Trombosi si verifica spesso nei pazienti colpiti da infezioni gravi che portano a sepsi, ma con meccanismi diversi rispetto a quelli con i quali si manifesta nei micro vasi e nei pazienti colpiti da COVID-19. In questi pazienti infatti si verifica uno stato infiammatorio molto esteso che provoca una massiccia attivazione del sistema della coagulazione. In particolare vengono coinvolti l’endotelio, che a causa delle sostanze liberate dal sistema immunitario eccitato dal virus, si infiamma; le piastrine che accorrono per prime a spegnere l’incendio sulle pareti dei vasi colpiti; i fattori della coagulazione che attivati dalle piastrine costruiscono il trombo con l’intenzione di guarire la parte malata;  il sistema della fibrinolisi che provvede a sciogliere il trombo una volta che questo abbia completato il lavoro di guarigione della parete del vaso colpito”.

Il meccanismo della coagulazione è  molto sofisticato e ha lo scopo e la capacità di guarire i tessuti malati, ma può in alcuni casi accendersi in modo incontrollato e causare la formazione di trombi all’interno dei vasi colpiti dall’infiammazione provocata dal virus.

“Rimettere il sistema della coagulazione in equilibrio è compito dei farmaci antitrombotici, che dovrebbero essere usati in modo ritagliato su misura in pazienti diversi, adattando tipo e dosi di farmaco alle caratteristiche individuali di ciascuno: caratteristiche che dipendono dalla storia familiare, personale e dai punti deboli di ogni singolo paziente. Pazienti diversi rispondono in modo variabile a farmaci identici” aggiunge la presidente di ALT – Associazione per la Lotta alla Trombosi e alle malattie cardiovascolari – Onlus, Lidia Rota Vender (nella foto).

Numerosi i gruppi di ricercatori che negli ultimi mesi hanno pubblicato diversi lavori scientifici relativi alla pericolosa correlazione tra infezione da Covid-19 e Trombosi con l’obiettivo di fornire indicazioni puntuali sulle terapie antitrombotiche più efficaci da utilizzare nei pazienti colpiti. In una revisione pubblicata su “Current Cardiology Report” nel giugno 2020 è emerso che ben 31 pazienti su 100 fra quelli colpiti da Covid-19 hanno avuto complicazione da Trombosi e che l’uso di farmaci antitrombotici a dosaggio più alto rispetto all’abituale ha avuto impatto positivo sui pazienti ad alto rischio. “Sono stati formulati metodi di quantificazione del rischio di ogni singolo paziente dimostrando che ciascuno deve essere considerato nella sua peculiarità e ricevere dosi di farmaci anticoagulanti specificamente ritagliate sulle sue caratteristiche” continua la Presidente di ALT. “Scegliere fra diversi farmaci antitrombotici e diverse dosi richiede grande attenzione da parte del medico, che si trova a dover rispettare il fragile equilibrio fra l’efficacia del farmaco anticoagulante nel rendere il sangue più fluido del normale e il rischio di emorragia che incombe sempre quando la fluidificazione del sangue si rivela eccessiva” conclude.

Per meglio comprendere le preferenze dei pazienti che assumono abitualmente farmaci anticoagulanti perché ad alto rischio o già colpiti da Trombosi in precedenza, Datanalysis – Health Market Research ha realizzato un’indagine conoscitiva che ha coinvolto 428 pazienti in terapia anticoagulante nel periodo dal 5 al 20 ottobre 2020 da cui è emerso che 55  pazienti su 100  chiedono maggiore disponibilità per consulti medici per via telematica, segnalando la difficoltà di accedere ai medici dentro e fuori dagli ospedali. 34 su 100 dichiarano di essersi isolati, spontaneamente frequentando solo i  familiari più stretti. Solo 7 persone su 100 si affidano alle fonti di informazione istituzionali, mentre 32 su 100 trovano risposte alle proprie domande contattando i medici di famiglia e specialisti, 18 su 100 alle associazioni di pazienti, 21 su 100 attraverso i social media, e infine 20 su 100 si fidano delle informazioni diffuse dai media tradizionali giornali tv e radio.