Print Friendly, PDF & Email

2 ragazze italiane e 1 bambino ucraino di 12 anni, fuggito dalla guerra, sono i primi pazienti pediatrici affetti da gravi patologie autoimmuni ad essere stati trattati con cellule CAR-T capaci di mandare in remissione la loro malattia. Si tratta di un’applicazione innovativa della terapia genica basata sulla manipolazione dei linfociti T del paziente, sperimentata per la prima volta in ambito pediatrico su questo tipo di patologie. I risultati del trattamento, eseguito presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, sono stati presentati recentemente a Padova, nell’ambito dei lavori del Centro Nazionale 3 per lo sviluppo della terapia genica previsto dal PNRR, e ancora a Rotterdam, in occasione dell’ultimo Congresso europeo di Reumatologia pediatrica.

Le malattie autoimmuni sono patologie caratterizzate da un’aggressione del sistema immunitario, che invece di difendere l’organismo da agenti patogeni come batteri e virus, attacca e distrugge i tessuti sani propri di un individuo scambiandoli per estranei e pericolosi. Questo malfunzionamento può causare un processo infiammatorio e la formazione di anticorpi che attaccano erroneamente le cellule sane colpendo potenzialmente qualsiasi parte del corpo, inclusi organi vitali quali il rene e i polmoni, le articolazioni, la pelle, i vasi sanguigni e altri tessuti. I tre pazienti trattati con le cellule CAR T dagli specialisti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù erano affetti in particolare da forme molto gravi di lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica che può attaccare reni, polmoni e sistema nervoso centrale, e dermatomiosite, una rara patologia infiammatoria autoimmune che colpisce la cute ed i muscoli scheletrici.

Nella recente letteratura scientifica sono descritti 5 casi di pazienti adulti con Lupus eritematoso trattati con successo grazie alla terapia con cellule CAR-T, più comunemente usata nell’ambito delle malattie neoplastiche, quali leucemie, linfomi e mielomi. Da questo precedente nasce l’idea dei ricercatori del Bambino Gesù di testare la stessa soluzione per la prima volta anche in ambito pediatrico, utilizzando il “costrutto” che aveva funzionato con gli adulti affetti da Lupus, ossia il prodotto di terapia genica messo a punto in questo caso dall’azienda biotecnologica Miltenyi. Di qui la richiesta ad AIFA di uso non ripetitivo del trattamento CAR-T per 3 pazienti con forme di malattia autoimmune particolarmente gravi e refrattarie ai trattamenti convenzionali.

La terapia con CAR-T prevede la manipolazione in laboratorio dei linfociti T del paziente per renderli capaci di riconoscere, attraverso l’introduzione di una sequenza di DNA che codifica per una proteina chiamata recettore chimerico. Nelle leucemie linfoblastiche acute e nei linfomi non Hodgkin questa proteina riconosce un bersaglio rappresentato dall’antigene CD19, espresso dalle cellule tumorali, che vengono in questo modo riconosciute e attaccate. Lo stesso antigene CD19 è espresso anche dai linfociti B del sistema immunitario, che nel caso del lupus eritematoso e delle dermatomiositi giocano un ruolo cruciale nel determinare la malattia. «Usando lo stesso bersaglio – spiega Franco Locatelli, responsabile dell’area di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino e professore Ordinario di Pediatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore – trasliamo il medesimo approccio di terapia genica da un contesto di malattia neoplastica (leucemie e linfomi) a un contesto di patologia non neoplastica, ma dove gli elementi che producono il danno sono i B-linfociti che esprimono CD19».

Tutti e tre i pazienti trattati con terapia genica dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù hanno riscontrato benefici rilevanti e sostenuti nel tempo. A distanza di diversi mesi dal trattamento con cellule CAR-T, coerentemente con quanto riscontrato nei pazienti adulti descritti in letteratura, sono in remissione di malattia e non assumono più farmaci immunosoppressori.

La prima paziente, una ragazza messinese di 17 anni affetta da lupus, è a quasi 9 mesi ormai dall’infusione di cellule CAR-T. Il secondo paziente, un bambino ucraino di 12 anni affetto da dermatomiosite, è a 7 mesi dal trattamento. Era seguito nella capitale ucraina prima della guerra, poi trasferito in Ungheria, infine in Italia, al Bambino Gesù di Roma, dove ha potuto beneficiare della terapia con CAR-T.  La terza paziente, una ragazza romana di 18 anni anche lei affetta da lupus (patologia molto più frequente nelle femmine rispetto ai maschi), è a circa 2 mesi dal trattamento. Era stata ospedalizzata per 6 mesi di seguito, dipendente da ossigeno, più volte assistita in rianimazione, con effetti collaterali importanti dovuti alle terapie cortisoniche. Oggi è a casa in buone condizioni generali di salute.

«Sono dati assolutamente rilevanti» afferma Fabrizio De Benedetti, responsabile dell’area di ricerca di Immunologia, Reumatologia e Malattie infettive. «Tutti e 3 i pazienti avevano risposto in maniera insoddisfacente a terapie immunosoppressive aggressive, necessarie per la gravita della loro malattia, e allo stesso tempo avevano sviluppato importanti effetti collaterali I risultati ottenuti con le cellule CAR-T ci incoraggiano a proseguire nella direzione di un trial clinico che possa comprendere un numero più ampio di pazienti pediatrici affetti da varie malattie autoimmuni in cui un ruolo fondamentale nello sviluppo è giocato dai linfociti B».