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Oggigiorno le nostre abitudini sono sempre più scandite dall’utilizzo dei dispotivi digitali: anche per i ragazzi si tratta di una tendenza sempre più diffusa e sempre più precoce. Un’abitudine che, unita al tempo trascorso al chiuso anziché all’aperto, comporta uno sforzo visivo notevole per occhi in crescita. Se infatti un tempo i bambini erano soliti giocare all’aria aperta, oggi spendono molto tempo utilizzando dispositivi elettronici, come cellulari e computer e in spazi chiusi dove la luce del sole è sostituita da quella artificiale. Gli occhi diventano così più soggetti a stress visivo digitale – anche in giovane età – ponendo le basi per l’insorgere di questioni relative alla vista, come per esempio miopia e strabismo.

Al di là degli stili di vita sempre più digitali, è ormai noto come prendersi cura della nostra vista sia fondamentale già in tenera età, non solo per prevenire l’insorgere di eventuali patologie, ma anche per individuare precocemente eventuali difetti e correggerli in maniera personalizzata.

In età pediatrica è importante rivolgersi ad un professionista della vista, già nei primi anni di vita, soprattutto nel caso in cui uno o entrambi i genitori del bambino indossino gli occhiali. In questo caso ci sono maggiori possibilità che il bimbo possa sviluppare delle problematiche visive quindi per prevenire o rallentare lo sviluppo delle stesse, la prima visita oculistica andrebbe effettuata intorno al 1°anno di età.

Ad approfondire il tema è il Dott. Marco Mazza, Direttore della Struttura Complessa di Oculistica Pediatrica del Grande Ospedale Metropolitano Niguarda a Milano. Secondo lo specialista, in generale, una diagnosi precoce è importantissima, proprio perché permette di giocare d’anticipo. Dopo il controllo preliminare alla nascita e ad un anno di età, una nuova visita oculistica va fatta attorno ai 3 anni, “quando il bambino ha piena coscienza dei test che gli vengono proposti e collabora con efficacia. È indispensabile che ci sia una buona collaborazione tra il dottore e il bimbo, in modo tale da poter constatare al meglio se vi sono delle possibili problematiche. Nel caso in cui dovessimo riscontrare delle criticità, come un inizio di strabismo, la predisposizione alla miopia oppure un’ipermetropia con valori fuori dagli standard, i controlli successivi andranno fatti almeno una volta l’anno. In caso contrario, si possono aspettare anche 2 anni”.

Oltre alle componenti genetiche, che sono da considerare indipendentemente dalle abitudini, ci sono altre variabili che incidono sulla salute della vista, tra queste vi è l’utilizzo dei dispositivi elettronici e nello specifico: la distanza, la postura e la durata. La maggior parte dei bambini, con l’intento quasi di immergersi nello schermo rimangono molto vicini ad esso, quando gli occhi, in realtà, dovrebbero lavorare ad una distanza almeno di 30 cm dall’apparecchio. In correlazione a ciò, un’altra variabile fondamentale da considerare è anche il tempo di esposizione allo strumento. Molti bambini trascorrono ore a guardare video e a giocare con il cellulare o computer, mentre il tempo di esposizione massimo dovrebbe essere all’incirca di 30-40 minuti al giorno.

“In generale, è bene ricordare che le esigenze visive di bambini e adulti sono molto diverse tra loro, nonostante i difetti visivi possano essere simili. Importante infatti è considerare anche i dati anatomici e morfologici, che sono tra i maggiori valori di differenziazione delle due generazioni” spiega il Dott. Mazza e continua: “Molti pensano che basti prendere delle lenti per adulti e farle adattare dall’ottico ma così non si riesce a soddisfare l’intero spettro delle esigenze visive del bambino, che dipendono anche dall’età, dalle dimensioni di naso, orecchie, dalla lunghezza delle braccia e dalla distanza tra le pupille”.

È opinione diffusa tra i genitori che viste le abitudini di gioco e movimento tipiche dei ragazzi, sia utile acquistare le lenti più in base al prezzo che alla qualità perché “tanto poi le rompono” o “tanto poi le dovranno cambiare”.

Ogni lente dovrebbe invece vestire come un abito su misura e “calzare” perfettamente sul volto, rispettando la fisionomia dei più piccoli in ogni fase della crescita.