Print Friendly, PDF & Email

Vaccinazione anti-COVID con priorità a chi deve subire un intervento chirurgico, in particolare per malattia oncologica. È questa la richiesta che viene lanciata alle Autorità sanitarie internazionali, Italia compresa, attraverso la divulgazione dei risultati del più vasto studio mai condotto al mondo per numero di pazienti arruolati. Lo studio ha valutato la relazione tra chirurgia e rischio di morte per complicanze da Covid-19, che sarebbe evitata dalla vaccinazione dei pazienti oncologici prima della chirurgia. Lo studio è stato coordinato dall’Università di Birmingham, con la partecipazione nel Dissemination Committee dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

“Dallo studio risulta che vaccinare i pazienti candidati a chirurgia è prioritario rispetto a vaccinare la popolazione generale, perché si tratta di pazienti più fragili per i quali contrarre il virus nel periodo perioperatorio comporta un rischio di morte molto più alto.” – spiega Marco Fiore, Chirurgo Oncologo del Servizio di Chirurgia dei Sarcomi INT e coordinatore dello studio per l’Istituto dei Tumori. – “Potenzialmente, questo potrebbe contribuire a prevenire decine di migliaia di decessi post-operatori correlati al virus. A parità di dosi vaccinali somministrate, infatti, vaccinare i pazienti oncologici candidati a chirurgia può prevenire da 11 a 131 volte più decessi per COVID 19, rispetto alla vaccinazione della popolazione generale di pari fascia di età. Lo studio ha evidenziato che tra i pazienti candidati a chirurgia, la popolazione che in particolare ne trarrebbe maggiori vantaggi è proprio quella dei malati oncologici, i più fragili, con una particolare attenzione agli over 70 che in più hanno il maggiore indice di letalità da Covid 19 a causa dell’età”. 

“Nonostante al momento siano disponibili diversi vaccini con ampie indicazioni e che formalmente permettono di vaccinare anche i pazienti con cancro, i pazienti oncologici non erano stati reclutati o lo erano in minima parte negli studi su cui si sono basate le approvazioni delle varie Agenzie Regolatorie” – commenta Giovanni Apolone, Direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. “Non sappiamo con certezza, al momento, se la copertura immunologica dopo vaccinazione in questi pazienti sia uguale a quella della popolazione generale. Questi dati, quindi, sono molto importanti in quanto cominciano a colmare un gap conoscitivo, di particolare importanza in quanto deriva da dati dal mondo reale. La prossima priorità quindi è quella di produrre questo tipo di dati anche in pazienti non chirurgici, affetti da patologie oncologiche che ricevono terapie anti-cancro che potenzialmente possono interferire con la risposta immunitaria, dopo le vaccinazioni. Sono incorso molti studi, uno anche a livello nazionale in Italia, in cui in nostro Istituto è tra i Centri Coordinatori”.

Il team internazionale di ricercatori ‘COVIDSurg Collaborative’ ha portato a termine in tempi record uno studio che ha coinvolto 141.582 pazienti provenienti da 1.667 ospedali in 116 Paesi, tra cui, oltre a Italia e Regno Unito, anche Australia, Brasile, Cina, India, Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti. L’Italia ha partecipato con 115 Centri, seconda solo a UK con 205. 

I ricercatori hanno dimostrato che nei pazienti candidati alla chirurgia, la vaccinazione anti-COVID preoperatoria potrebbe prevenire oltre 58mila decessi all’anno correlati all’infezione. Un dato, questo, ancora più rilevante se si considera che durante la prima ondata della pandemia, nel mondo circa sette interventi su dieci sono stati posticipati e che 28 milioni di procedure sono state ritardate o annullate.

La situazione non è stata certo più rosea analizzando i soli dati italiani. Un’indagine che ha coinvolto sul territorio nazionale 54 unità chirurgiche oncologiche di riferimento in 36 ospedali, ha mostrato una riduzione di circa 1/3 degli interventi chirurgici oncologici durante le prime 5 settimane dall’inizio dell’emergenza. Tale percentuale ha raggiunto circa il 50% di procedure chirurgiche in meno nella regione più colpita, la Lombardia. 

“Con l’intento di perseguire la miglior strategia terapeutica possibile per ogni singolo paziente, come SICO riteniamo necessaria una riorganizzazione della gestione del malato oncologico chirurgico basata sulla creazione di reti oncologiche efficienti e, dove già presenti, sul loro potenziamento”, – sottolinea Alessandro Gronchi, Responsabile del Servizio di Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e Presidente della Socità Italiana di Chirurgia Oncologica. – “Il modello che proponiamo si basa su una rete collaborativa come il Comprehensive Cancer Care Network, adattato a fronteggiare lo stato di emergenza e la successiva ripresa, ma anche migliorare lo standard qualitativo ordinario. Inoltre, con il progetto SICO4Regions, la SICO si propone di creare programmi regione-specifici, che agiscano su tre livelli: gestione del paziente chirurgico oncologico, che vorremmo comprendesse anche la vaccinazione anti-COVID pre-chirurgica, la creazione di un registro di patologia mediante il coinvolgimento dei SICO OncoTeam, e l’assistenza nella definizione delle priorità e nella redistribuzione delle risorse al momento dell’uscita dalla crisi sanitaria”.