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È stato pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences of U.S.A.” l’articolo “Cryo-EM structures of staphylococcal IsdB bound to human hemoglobin reveal the process of heme extraction”, frutto della collaborazione tra il gruppo dell’Università di Parma coordinato da Stefano Bettati e il gruppo dell’Università di Cambridge coordinato da Ben Luisi.

Il lavoro descrive la struttura del complesso formato dall’emoglobina umana e da una proteina espressa sulla superficie del batterio Staphylococcus aureus attraverso la quale il patogeno riesce ad estrarre il ferro dall’organismo ospite. Ciò è stato possibile grazie all’utilizzo di una tecnica d’avanguardia che sfrutta l’interazione tra gli elettroni e gli atomi di particelle proteiche racchiuse in un sottile strato di ghiaccio amorfo per ricostruirne la struttura tridimensionale: la microscopia crioelettronica. 

Il lavoro è rilevante innanzitutto da un punto di vista metodologico in quanto le dimensioni relativamente piccole del complesso studiato rappresentano una sfida per la tecnica: e proprio al gruppo dell’Università di Parma si deve l’dea di “indagare” questa struttura. Basti pensare che delle quasi ventimila strutture di proteine o complessi proteici ad oggi ottenute attraverso la cryo-EM, meno del 3% hanno dimensioni e risoluzione paragonabili a quelle presentate in questo lavoro. Inoltre, la determinazione della struttura del complesso proteico ha migliorato la comprensione del processo di acquisizione del ferro da parte di S. aureus, indispensabile per la sopravvivenza del batterio all’interno dell’ospite umano e per l’instaurarsi di infezioni. S. aureus è stato inserito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nella lista dei patogeni ad alta priorità, in quanto è responsabile di gravi infezioni spesso causate da ceppi resistenti alla maggior parte degli antibiotici. La comprensione dei meccanismi molecolari con cui S. aureus e altri batteri patogeni riescono a proliferare all’interno dell’ospite eludendone i meccanismi di difesa rappresenta la base per lo sviluppo di nuovi farmaci antibatterici ed è l’oggetto di un importante finanziamento nazionale recentemente ottenuto dal gruppo.

Il progetto è nato alcuni anni fa all’interno del gruppo dell’Università di Parma, che ha una lunga tradizione nello studio dell’emoglobina e che ha prodotto e caratterizzato le proteine oggetto dello studio.

Gli esperimenti di microscopia crioelettronica sono stati svolti alla cryo-EM Facility del Dipartimento di Biochimica dell’Università di Cambridge, con il fondamentale supporto del Centro di Calcolo Scientifico dell’Università di Parma, da Omar De Bei che nel 2021 ha conseguito il dottorato in Scienze del Farmaco, delle Biomolecole e dei Prodotti per la Salute nell’Ateneo di Parma. Fanno parte del team che ha contribuito alla pubblicazione Barbara Campanini, Luca Ronda e Marialaura Marchetti dell’Università di Parma, ed il gruppo coordinato da Francesca Spyrakis dell’Università di Torino.

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