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I risultati dettagliati del rivoluzionario studio di Fase III DAPA-CKD hanno mostrato che dapagliflozin, in aggiunta allo standard di cura, ha ridotto, rispetto al placebo, del 39% la misura composita determinata dal peggioramento della funzione renale o dal rischio di morte per causa cardiovascolare o renale nei pazienti affetti da malattia renale cronica di stadio  2-4 e con elevata escrezione urinaria di albumina. I risultati si sono dimostrati coerenti nei pazienti con o senza diabete di Tipo 2. La malattia renale cronica è una condizione seria e progressiva, definita dalla diminuzione della funzione renale, che colpisce circa 700 milioni di persone a livello globale, e che spesso non viene diagnosticata. Le più comuni cause della malattia renale cronica sono il diabete, l’ipertensione e la glomerulonefrite.

L’endpoint composito primario è stato definito come riduzione persistente ≥50% del tasso stimato di filtrazione glomerulare, dell’insorgenza di malattia renale allo stadio terminale e di morte per cause cardiovascolari o renali. Lo studio ha dimostrato una riduzione altamente significativa del 39% del rischio di endpoint primario, simile nei diabetici e non diabetici. La riduzione del rischio assoluto è stata del 5,3% nel tempo mediano dello studio di 2,4 anni. Lo studio ha anche raggiunto tutti gli endpoint secondari, compresa una significativa riduzione del 31% del rischio di morte da tutte le cause rispetto al placebo.

“DAPA-CKD diventerà una pietra miliare nella storia della Nefrologia. Tali dati, rilevanti su tutti gli endpoint e ampiamente rappresentativi, sono di enorme importanza per la Comunità Scientifica Nefrologica che auspica, quanto prima, di poter prescrivere questi farmaci” – ha commentato Luca De Nicola, Professore Ordinario di Nefrologia presso l’Università “Vanvitelli” di Napoli. “A ciò si aggiunge il bisogno di agire precocemente sull’elevato numero di pazienti ad alto rischio che non sono tuttora consapevoli del proprio stato di malattia, favorendo un coinvolgimento tempestivo del Nefrologo, che possa trattarli con i migliori farmaci disponibili”.

La sicurezza e la tollerabilità di dapagliflozin si sono dimostrate coerenti con il già noto profilo di sicurezza del farmaco. Nello studio, i pazienti trattati con dapagliflozin hanno riscontrato meno eventi avversi gravi rispetto al placebo. La chetoacidosi diabetica non è stata riscontrata nel gruppo di dapagliflozin rispetto a quella, invece, riscontrata in due pazienti nel gruppo placebo.
 

I risultati dettagliati dello Studio DAPA-CKD sono stati presentati nell’ambito del Congresso ESC 2020 – “The Digital Experience”.

Nel maggio 2020 dapagliflozin è stato approvato negli USA per ridurre il rischio di morte da cause cardiovascolari e ospedalizzazione per scompenso cardiaco negli adulti affetti da scompenso cardiaco con ridotta frazione di eiezione, con e senza diabete di Tipo 2.

Dapagliflozin è attualmente in fase di sperimentazione in pazienti affetti da scompenso cardiaco negli Studi DELIVER e DETERMINE nonché, nello studio DAPA-MI, in pazienti senza T2D che hanno avuto un infarto miocardico acuto o un attacco cardiaco – questo studio è il primo nel suo genere in quanto randomizzato e controllato, basato su registri e con scopo di estensione di indicazione.