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In che modo le varianti SARS-COV-2, insieme ad altri fattori, influenzano il decorso clinico di COVID-19?

Alla domanda è chiamato a rispondere il progetto europeo EuCARE, presentato a Roma giovedì 11 e venerdì 12 novembre con un meeting di lancio al quale hanno preso parte 60 scienziati provenienti dall’Europa e dal resto del mondo e rappresentanti dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” partecipa al progetto con la Cattedra di Virologia presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale, con l’Unità di Malattie Infettive presso il Policlinico di Roma Tor Vergata e con il Dipartimento di Medicina dei Sistemi.

Il progetto, a guida italiana, è stato finanziato dalla Commissione Europea con 10 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon Europe per indagare, da qui ai prossimi cinque anni, alcuni degli aspetti cruciali e più dibattuti dell’epidemia da SARS-COV-2 al fine di fornire risposte solide basate sui dati, grazie a una piena e aperta condivisione dei dati stessi.

Il progetto, che oltre all’Università di Roma “Tor Vergata” coinvolge altre università ed enti di ricerca, tra cui l’Università di Siena, l’Istituto Europeo di Oncologia, l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, si occuperà anche di indagare se e come le varianti influenzano la diffusione del virus in ambito scolastico, se è possibile definire una migliore strategia di test e contenimento nelle scuole e qual è, qual è stato l’impatto delle misure di contenimento, compresa la didattica a distanza, su alunni e insegnanti.

Lo studio si avvarrà di coorti di pazienti ospedalieri, inclusi i pazienti cosiddetti “long COVID”, coorti di operatori sanitari vaccinati e coorti di scuole in Europa, Kenya, Messico, Russia e Vietnam per un totale di oltre 2.600 pazienti COVID-19, 1.600 operatori sanitari e 26.000 studenti e insegnanti seguiti in studi prospettici.

L’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, sotto la guida della professoressa Francesca Ceccherini Silberstein, virologa, insieme al suo gruppo di ricerca, tra cui la professoressa Valentina Svicher e i ricercatori Maria Santoro, Maria Concetta Bellocchi, Romina Salpini, Luca Carioti e Lorenzo Piermatteo e grazie al lavoro del professor Massimo Andreoni, infettivologo, e dei suoi collaboratori, tra cui la professoressa Loredana Sarmati e il dott. Marco Iannetta, darà il suo contributo alla ricerca studiando se le varianti di SARS-COV-2, insieme ad altri fattori, influenzino il decorso clinico di COVID-19 e modifichino la risposta immunitaria dell’ospite, se specifiche varianti rendano meno efficace alcuni vaccini attualmente in uso, o futuri, o che sfuggano ai test sierologici e/o molecolari.

Il gruppo della Cattedra di Virologia contribuirà al progetto in particolare “con saggi molecolari innovativi per la quantificazione di SARS-CoV-2”, come spiega la professoressa Francesca Ceccherini Silberstein, “e con il sequenziamento di nuova generazione dell’intero genoma virale e analisi bioinformatiche per la caratterizzazione delle diverse proteine virali, delle mutazioni e delle varianti di SARS-CoV-2”.

Il gruppo dell’Unità di Malattie Infettive, contribuirà invece all’arruolamento di individui e pazienti ospedalizzati infettati da SARS-CoV-2 e/o vaccinati, “con la raccolta e analisi di dati e campioni retrospettivi e prospettici, nonché allo studio dell’immunità cellulare specifica a SARS-CoV-2 delle cellule T CD8+ e CD4+”,  afferma il professore Massimo Andreoni.

I 22 partner coinvolti nel progetto, tra università, ospedali e centri di ricerca dislocati in quattro continenti, sotto il coordinamento dell’italiana Francesca Incardona, CEO di EuResist Network, lavoreranno con il supporto dell’intelligenza artificiale e di forti componenti immuno-virologiche.

EuResist Network è un progetto internazionale nato per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da HIV, sviluppando un sistema computerizzato in grado di raccomandare un trattamento ottimale basato sui dati clinici e genomici del paziente.