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Un gruppo di ricerca italo-svedese ha messo a punto e testato con successo nuove molecole che potrebbero essere valide candidate per lo sviluppo di nuovi farmaci contro la tubercolosi multiresistente. Lo studio è stato realizzato al Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna, in collaborazione con l’U.O. di Microbiologia del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale di Bologna e con il Dipartimento di Biochimica e Biofisica Medica dell’Istituto Karolinska di Stoccolma.

Nonostante sia da tempo una malattia curabile, la tubercolosi colpisce ancora circa 10 milioni di persone ogni anno, causando circa 1,5 milioni di morti. Un fenomeno che è aggravato dalla diffusione di ceppi batterici resistenti agli antibiotici: ad oggi sono pochissimi i farmaci in grado di combattere la tubercolosi multiresistente.

“L’emergere di ceppi batterici resistenti agli antibiotici è oggi una delle principali sfide nella lotta alle malattie infettive”, spiegano Daria Giacomini e Paola Dal Monte, docenti dell’Università di Bologna che hanno partecipato allo studio. “Molti patogeni che attaccano l’uomo, incluso il batterio che causa la tubercolosi, continuano infatti a provocare gravi problemi a causa di un aumento, osservato a livello clinico, di ceppi resistenti a diverse tipologie di farmaci”.

Per cercare di superare queste difficoltà, gli studiosi si sono concentrati in particolare sulla parete cellulare di Mycobacterium tuberculosis, il batterio responsabile della tubercolosi. La sua struttura è infatti particolarmente complessa e permette al microrganismo sia di resistere allo stress termico che di offrire scarsa permeabilità agli antibiotici più comuni. Fondamentali per la stabilità di questo sistema sono particolari enzimi che nel batterio della tubercolosi hanno una forma unica, differente da quelle che si trovano negli altri batteri.

Proprio su uno di questi enzimi si sono quindi focalizzati gli studiosi. Sono stati prima sintetizzati 12 diversi composti candidati, dei quali è stata in seguito valutata in vitro la capacità di inibizione dell’enzima bersaglio. Tra i candidati testati, cinque molecole si sono rivelate particolarmente efficienti, con una capacità di inibizione pari o superiore a quella del meropenem, un antibiotico ad ampio spettro che è stato usato in fase di controllo.

“Gli esperimenti di spettrometria di massa e di diffrazione ai raggi X che abbiamo realizzato hanno confermato che questi composti sono in grado di provocare un’inattivazione a lungo termine dell’enzima transpeptidasi bersaglio”, aggiunge Giacomini. “Inoltre, gli esperimenti preliminari condotti su un ceppo di Mycobacterium tuberculosis sensibile ai farmaci antitubercolari hanno mostrato che 3 dei 5 nuovi composti sono più efficaci nell’inibirne la crescita”.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Cell Biochemical Biology” con il titolo “N-Thio-β-lactams targeting L,D-transpeptidase-2, with activity against drug-resistant strains of Mycobacterium tuberculosis”. Hanno partecipato studiosi del Dipartimento di Chimica “Giacomo Ciamician” dell’Università di Bologna e dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, insieme a Francesco Bisognin e Paola Dal Monte dell’U.O. di Microbiologia dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Policlinico di S. Orsola.