Print Friendly, PDF & Email

Il cervello è un organo complesso e per questo affascinante. Parte di questa complessità risiede nella diversità delle cellule che lo compongono. Da diversi anni ormai si è capito che i neuroni non sono tutti uguali, ma presentano differenze che li fanno contribuire in modo diverso e specifico al funzionamento del sistema nervoso, e che li rendono più o meno vulnerabili durante l’invecchiamento o in caso di patologia. Non è ancora chiaro invece se e quanto le cellule gliali siano eterogenee e quanto questo possa avere impatto sulla fisiologia o sulla patologia del sistema nervoso centrale.

In un recente lavoro pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Communications”, i ricercatori del NICO, Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi – Università di Torino Enrica Boda, Martina Lorenzati, Roberta Parolisi, Gianmarco Pallavicini, Ferdinando di Cunto, Annalisa Buffo e Luca Bonfanti, in collaborazione con il gruppo di ricerca della Dr.ssa Stephanie Bielas e con il Dr. Brian Harding, hanno cercato di rispondere a questa domanda concentrandosi sui progenitori degli oligodendrociti, anche detti OPC. 

Gli OPC sono le cellule che danno origine agli oligodendrociti, cioè le cellule che producono la mielina necessaria per assicurare la conduzione fedele e veloce dei segnali fra i neuroni. «Uno degli aspetti di eterogeneità degli OPC è la loro diversa “origine di nascita”: durante lo sviluppo del SNC, diverse popolazioni di OPC vengono generate a partire da “nicchie” diverse e in tempi diversi. A dispetto di questa diversa origine, nel cervello adulto, le popolazioni di OPC non presentano differenze evidenti. Se e quanto la diversa origine di nascita degli OPC possa invece condizionare il loro funzionamento o destino in condizioni patologiche non era stato mai studiato, sebbene questa sia una questione rilevante, essendo gli OPC e gli oligodendrociti il bersaglio specifico di alcune fra le più diffuse patologie del SNC» riferisce la prof.ssa Enrica Boda, primo autore del lavoro.

In questo contesto, i ricercatori hanno scoperto che, in base alla loro diversa origine di nascita, gli OPC “ereditano” una diversità nascosta, latente fino al momento in cui queste cellule non si trovino in presenza di una lesione, e nello specifico di un danno al loro DNA. Questa eredità nascosta consiste in una diversa capacità di attivare risposte antiossidanti e quindi di sopravvivere in caso di danno. «Poiché il danno al DNA contribuisce all’invecchiamento di tutte cellule e, in modo primario o secondario, alla maggior parte delle patologie del SNC, questa scoperta rappresenta un importante passo in avanti per la comprensione del comportamento degli OPC nel cervello dell’anziano e in condizioni patologiche e, auspicabilmente, per il disegno di nuovi approcci di terapia» conclude la prof.ssa Boda.

Nessun articolo correlato