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Il Supc è un evento molto raro che si manifesta in un caso ogni 10mila nati sani nella prima settimana di vita e può portare alla morte del neonato. Una situazione drammatica che si verifica proprio nei primi momenti di vita del neonato e del quale bisogna saper cogliere immediatamente i segni per poter evitare il peggio.

Nelle settimane scorse, al Burlo, mentre una mamma felice teneva in braccio la sua piccola appena nata, l’occhio attento di un’ostetrica ha notato un cambiamento di colore della neonata e da lì è cominciato il dramma per la famiglia. La piccola, infatti, manifestava un Supc e solo il pronto intervento delle dottoresse Antonella Trappan (nella foto), aiutata dalla dottoressa Cristiana Corrado e dell’ostetrica Claudia Fierro, è riuscito a evitare il peggio. La piccola paziente, infatti, è stata subito rianimata, intubata e ricoverata presso la Terapia intensiva neonatale dell’Irccs.

«Questi eventi sono molto rari – spiega il dottor Francesco Maria Risso, direttore della Tin – e non danno preavviso, noi al “Burlo Garofolo” abbiamo un protocollo che prevede un’osservazione mirata e a brevi intervalli di tutti i neonati fisiologici e che fortunatamente ha salvato la vita alla bimba. Durante la degenza in Tin – continua – la piccola è stata sottoposta a terapia intensiva e a ipotermia terapeutica e siamo stati felici e lieti che gli accertamenti sono poi risultati negativi compresa la risonanza magnetica del cervello. Ora comunque seguiremo nel tempo la piccola per accertarci che tutto proceda per il meglio e concentrandoci sullo sviluppo psicomotorio. Peraltro – aggiunge il dottor Risso – sono molto fiero del comportamento dei miei collaboratori e del personale ostetrico con cui abbiamo lavorato a stretto contatto nelle fasi dell’emergenza. Questo dimostra la forza di un istituto come il Burlo che non conta solo su individualità di primo livello ma di una “squadra” multidisciplinare di primordine. Mi preme inoltre ringraziare Giampaolo Maso, responsabile della Unità operativa semplice dipartimentale Gravidanza a rischio, con il quale abbiamo condiviso il counseling della famiglia, dimostrando – conclude il direttore della Tin – una volta di più come la perinatologia non sia solo una disciplina “sulla carta”, ma un percorso fatto di continua condivisione e interazione».

Per i medici e operatori del Burlo oltre alla grande gioia per aver salvato la vita della piccola Francesca è arrivata l’inattesa lettera di ringraziamento dei genitori della neonata. Lettera che gli stessi genitori hanno chiesto al Burlo di diffondere per dare una speranza a tutti gli altri genitori che dovessero trovarsi a vivere la stessa difficile situazione.

«Siamo felici di poter raccontare questa storia – scrivono i genitori della piccola Francesca – perché è una storia a lieto fine; per quanto iniziata in modo molto pesante è andata pian piano alleggerendosi fino a risolversi nel migliore dei modi. Per una serie di ragioni, ringraziando Dio, ci siamo trovati al Burlo di Trieste che è stato in grado di affrontare tempestivamente l’accaduto. Quel che è successo dal punto di vista clinico, lasciamo siano i medici a raccontarlo. Ciò che noi abbiamo provato, di fronte a questa drammatica situazione, pensiamo sia la stessa angoscia che proverebbe ogni genitore che venisse a trovarsi ad affrontare un’emergenza come la nostra. Da subito il direttore della Tin ci ha spiegato, con molta franchezza, la gravità della situazione, preparandoci a ogni evenienza. Abbiamo, però, cercato di aver pazienza e di lasciare i medici al loro lavoro, con la speranza che tutto si risolvesse per il meglio, e così e stato. Sappiamo che il nostro percorso non è ancora finito, ma sappiamo anche che è stato già raggiunto un grande traguardo. Vogliamo per questo ringraziare tutto lo staff medico e infermieristico che si è occupato della bambina e di noi con professionalità e attenzione. La loro umanità ci è stata di grande conforto non dandoci mai l’impressione di essere da soli e accompagnandoci in questi momenti difficili. Hanno perciò tutta la nostra stima e gratitudine. I nostri pensieri vanno anche alle altre famiglie che abbiamo conosciuto e con le quali abbiamo condivo questi giorni. La piccola ora è a casa con noi, la nostra quindi è una storia di speranza».