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Sviluppare un’intelligenza artificiale “a misura di paziente” per controllare neuroprotesi e altri dispositivi tecnologici applicati a braccia robotiche, sedie elettroniche ed esoscheletri è il cuore del progetto europeo MAIA, coordinato dall’Università di Bologna in capo al Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie e nell’ambito di un consorzio multidisciplinare che unisce centri di ricerca e aziende specializzati sia in biomedicina, neurologia e psicologia che in campo computazionale e tecnologico.
“A causa di ictus, malattie neurodegenerative o incidenti di diverso tipo, milioni di persone in tutto il mondo sono affette da abilità motorie ridotte: una condizione che nella maggior parte dei casi può essere risolta solo con l’utilizzo di protesi o dispositivi ausiliari”, spiega Patrizia Fattori, professoressa di fisiologia dell’Università di Bologna e coordinatrice del progetto. “Si tratta di un’importante sfida per la nostra società, per la quale mancano però risposte tecnologiche adeguate: questi pazienti hanno bisogno di dispositivi affidabili, multifunzionali, adattabili e interattivi, in una parola, intelligenti”.
Partendo da questo presupposto, il progetto MAIA punta a realizzare protesi e tecnologie assistive controllate da sistemi di intelligenza artificiale centrati attorno al paziente. Gli studiosi si concentreranno in particolare su alcuni aspetti fondamentali, tra cui un approccio innovativo alla decodifica delle intenzioni, una nuova idea di interazione affidabile tra individuo e intelligenza artificiale e un nuovo tipo di database per acquisire informazioni da più fonti.
“Vogliamo arrivare ad offrire ai pazienti strumenti tecnologici avanzati e interattivi con cui possano interagire al meglio e che possano permettere loro una vita indipendente”, dicono Annalisa Bosco e Matteo Filippini, parte del team di ricerca dell’Alma Mater. “Per arrivare a questo obiettivo ci concentreremo sia su aspetti sperimentali e tecnologici che su aspetti psicologici e clinici”.
Sarà infatti coinvolto anche un gruppo di psicologi coordinati da Alessia Tessari, professoressa al Dipartimento di Psicologia “Renzo Canestrari” dell’Alma Mater, che dialogheranno con i pazienti e i loro famigliari e caregivers per ottenere informazioni dettagliate sulle problematiche e le esigenze che emergono caso per caso. In questo modo sarà possibile ottenere dati da applicare allo sviluppo degli aspetti tecnologici.
L’intelligenza artificiale pensata da MAIA sarà in grado di decodificare le intenzioni dell’individuo e trasmetterle tanto alle tecnologie assistive che agli utenti, in modo da assicurare un’interazione e un processo di apprendimento controllati. Questo sistema di intelligenza artificiale centrato sul paziente potrà quindi essere integrato in dispositivi come braccia robotiche, sedie elettroniche ed esoscheletri.
“Il sistema permetterà di estrarre i segnali neurali del paziente dalle aree cerebrali che codificano le informazioni sensoriali e motorie”, conferma Michela Gamberini, parte del team Unibo. “In questo modo sarà possibile sviluppare un modello di intelligenza artificiale da applicare a diverse tecnologie assistive che potranno essere guidate direttamente dal cervello del paziente”.
Nasceranno così una serie di tecnologie e di prototipi dai quali potrà svilupparsi anche un ecosistema europeo di imprese altamente innovative, per soluzioni che potrebbero espandersi anche oltre il campo della salute, fino alle tecnologie industriali e all’esplorazione spaziale.
MAIA – Multifunctional, adaptive and interactive AI system for Acting in multiple contexts è un progetto finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon 2020. È coordinato dall’Università di Bologna e coinvolge sei partecipanti: Università di Münster, Tecnalia Research & Innovation, Carl Zeiss Vision International, CNR, IRCCS Neurosceinze Bologna, e Stam Srl.