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Uno studio multicentrico pubblicato sulla rivista scientifica “The Lancet” mette in evidenza i rischi di complicazioni polmonari a cui possono andare incontro i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 che vengono sottoposti ad operazioni chirurgiche. Esaminando i casi di 1.128 pazienti distribuiti in 24 diversi Paesi, principalmente europei e americani, gli studiosi hanno rilevato che il numero di complicazioni polmonari e il livello di mortalità post-operatoria sono più elevati rispetto a quelli associati a tutti gli altri gruppi a rischio. Risultati che suggeriscono di ridurre al minimo il ricorso ad interventi chirurgici.
L’ampio studio internazionale è stato guidato da Aneel Bhangu dell’Università di Birmingham e ha visto la collaborazione di numerosi studiosi, tra cui anche chirurghi afferenti ai dipartimenti di Scienze mediche e chirurgiche e di Medicina Specialistica diagnostica e sperimentale dell’Università di Bologna, attivi presso il Policlinico di Sant’Orsola e l’Ospedale Maggiore Carlo Alberto Pizzardi.
“Questo è il primo studio che esamina l’impatto dell’infezione da SARS-CoV-2 rispetto alle complicazioni polmonari e alla mortalità per i pazienti sottoposti ad interventi chirurgici”, spiega Matteo Rottoli, ricercatore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche che ha coordinato il gruppo dell’Alma Mater. “I risultati ottenuti suggeriscono di limitare il più possibile gli interventi chirurgici per questi pazienti, rimandando quelli non urgenti e promuovendo, quando possibile, trattamenti alternativi”.
Lo studio ha preso in considerazione 1.128 pazienti in 235 ospedali di 24 Paesi. Di questi, la maggioranza è stata sottoposta ad interventi chirurgici d’urgenza, mentre per il 24,8% si è trattato di interventi programmati. Tutti i pazienti sono risultati positivi al coronavirus SARS-CoV-2 tra i sette giorni precedenti e i trenta giorni successivi all’intervento.
Dai dati esaminati emerge che il 51,2% dei pazienti ha sviluppato complicazioni polmonari dopo l’intervento. Tra questi, nel 38% dei casi le complicazioni post-operatorie hanno portato al decesso entro trenta giorni dall’operazione. Si tratta di numeri più alti anche rispetto a quelli associati ai gruppi di pazienti che erano considerati maggiormente a rischio prima dello scoppio della pandemia di Covid-19.
Il tasso di mortalità è risultato più alto tra gli uomini rispetto alle donne e significativamente più alto per i pazienti con più di 70 anni di età. Inoltre, i livelli di mortalità risultano più alti a seguito di interventi d’urgenza rispetto ad interventi programmati e in seguito ad interventi oncologici rispetto ad operazioni legate a condizioni benigne o interventi ostetrici.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “The Lancet” con il titolo “Mortality and pulmonary complications in patients undergoing surgery with perioperative SARS-CoV-2 infection: an international cohort study”. Il gruppo di studiosi dell’Università di Bologna che ha partecipato allo studio è stato coordinato da Matteo Rottoli – ricercatore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche e chirurgo generale presso la Chirurgia del tratto alimentare del Policlinico di Sant’Orsola, diretta dal professor Gilberto Poggioli – e comprende dodici co-autori tra cui il professor Matteo Ravaioli, il professor Riccardo Schiavina e il dottor Piergiorgio Solli.

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