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Umani e animali condividono una capacità molto particolare, quella di saper contare senza contare. Se ad esempio entriamo in una stanza e su un tavolo vediamo molti oggetti, siamo in grado di indicare il loro numero senza contarli e lo facciamo con un margine di errore del 15%, una costante che si mantiene indipendentemente dalla tipologia o dalla quantità di oggetti che vediamo, non importa se siano 5 o 200. In pratica, come ha codificato una legge fondamentale della fisiologia siamo capaci di contare con un margine di precisione molto alto in una maniera percettiva e non cognitiva. In uno studio pubblicato sulla rivista “Plos One”, un gruppo di ricercatori e ricercatrici composto da neuroscienziati e fisici dell’Università di Pisa e del CNR Pisa ha presentato un modello per simulare questa operazione di conteggio che utilizza la meccanica quantistica.

Le ricercatrici e i ricercatori sono partiti dalla constatazione che, nel momento in cui si chiede a una rete neurale di simulare le operazioni di conteggio, questa non funziona così bene e non si riesce a ottenere un’architettura semplice che svolga questo compito. Anzi, la maggior parte delle risposte suggeriscono l’emergere del senso del numero in reti neurali molto complesse, che richiedono tipicamente l’apprendimento guidato, mentre la nostra capacità di “saper contare senza contare” è una caratteristica ubiqua in Natura, che possediamo in maniera non allenata.  

È stato dunque elaborato un semplice modello quantistico di una rete di spin, una proprietà magnetica delle particelle quantistiche, rispetto alla quale queste possono trovarsi in più stati contemporaneamente. Nel modello, l’eccitazione di un neurone corrisponde al cambio di stato di uno spin della rete, e l’informazione sullo stato di eccitazione dello spin si propaga nella rete attraverso il tunneling quantistico, favorita o inibita dall’interazione tra gli spin. Se ogni spin è connesso a tutti gli altri, per quanto lontani, la numerosità rimane codificata nello spettro delle frequenze con cui gli spin della rete cambiano collettivamente il loro stato: dopo la stimolazione con un certo numero di segnali transitori immessi nella rete, non importa se con sequenze temporali e spaziali casuali o ordinate, ogni stimolazione aggiunta si manifesta nello spettro con l’apparire di una, e una sola, frequenza collettiva.

“Un fatto sorprendente. Nel nostro studio abbiamo utilizzato la fisica quantistica come strumento statistico per l’elaborazione delle informazioni, senza alcuna implicazione sulla presenza di fenomeni quantistici nel processo di percezione – spiegano – Abbiamo creato un nuovo approccio in cui, aderendo alle regole della meccanica quantistica invece che a quelle classiche, siamo in grado di riprodurre un comportamento percettivo del sistema visivo con un modello minimale, che sfrutta però le proprietà per noi controintuitive dei sistemi quantistici. Al contrario dei neuroni infatti, lo stato di ogni spin è al tempo stesso eccitato e non eccitato e l’informazione sulla sua condizione – anche se noi non sappiamo quale sia – si propaga nella rete neurale quantistica determinando uno stato collettivo che, grazie alla connessione tra tutti gli spin, diventa un inestricabile intreccio capace di mantenere una memoria molto precisa, nel tempo e nello spazio, dell’eccitazione immessa all’inizio del processo. Riproduciamo e non interpretiamo il comportamento percettivo: infatti, non affermiamo che il cervello elabori in modo quantistico le informazioni rilevanti per i processi sensoriali, con il nostro studio suggeriamo piuttosto che le strutture matematiche della meccanica quantistica possono funzionare per simulare la dinamica di reti neuronali complesse”.

La particolarità di questa descrizione è che non solo è in grado di codificare la numerosità, ma riproduce anche la legge di Weber come una caratteristica intrinseca di tutta la rete neuronale, senza cioè che questa debba essere allenata e non importa quanto complicata sia la dinamica del sistema: “Con la macchineria della meccanica quantistica siamo riusciti a descrivere con un sistema matematico semplice un problema molto complesso”.

Il metodo sviluppato da Jorge Yago Malo, Guido Marco Cicchini, Maria Concetta Morrone e Marilù Chiofalo può aprire la strada per simulare in modo efficiente altri comportamenti percettivi e ingegnerizzare intelligenze artificiali quantistiche capaci di riprodurli. Un prossimo studio potrà per esempio riguardare le percezioni del tempo e dello spazio che, come è noto dalla fenomenologia, sono intimamente legate tra loro e alla numerosità, nel senso che qualunque alterazione in una di queste dimensioni percettive influenza le altre due. I risultati di questo studio sono già stati presentati su invito alla conferenza internazionale Mind Matter a Helsinki e più di recente ad una conferenza interdisciplinare a San Diego, organizzata dal Center for Consciousness.